Piccolissima, minuscola, quasi invisibile su quell’enorme palco. Resa ancor più minuta dalla testa completamente calva. Eppure la notammo, eccome se la notammo. Lei aveva una voce che, come si dice oggi, “spaccava”. Frenetica, trasportata sulle ali della musica, correva da una parte all’altro del palco, anche per quello era impossibile non notarla. Aveva carisma, che la faceva imporre sul palco gigantesco del 25esimo anniversario del festival di Woodstock, quell’agosto del 1994. La sua voce incredibilmente acuta, capace di imprimere nel rock dei Cranberries tutte le antiche melodie della sua terra, l’Isola di Smeraldo, la verde Irlanda, ti ipnotizzava. Si meritò, anche se lei e la sua band erano in giro da poco, il palco principale dell’evento più significativo degli anni 90, in mezzo ai sopravvissuti del 1969, ai Joe Cocker, i Santana, i Bob Dylan. E il pubblico fu con lei. Meravigliosa Dolores O’Riordan, ci spezza il cuore sapere che sei morta a soli 46 anni, tre figli lasciati a casa. Non si può morire così giovani.



Qualche voce si era alzata la scorsa estate, quando l’apparizione dei Cranberries al concertone irlandese con Glen Hansard (e la main star americana Eddie Vedder) a Firenze era stata cancellata. Si era parlato di malattia. Poi la solita routine di tutti i giorni ci fa malvagiamente dimenticare di tutto e di tutti. E adesso la notizia che non avremmo mai voluto sentire: morta, a 46 anni. A Londra, dove stava registrando delle canzoni. Naturale, i veri e i grandi musicisti possono morire solo così, accanto e con la musica. Come Tom Petty, una settimana dopo aver finito il tour dei 40 anni di carriera. Che altro può fare un cantante rock? Vivere di musica, morire con la musica. I soliti snob della critica con la puzza sotto al naso l’avevano presa in giro: è la Sinéad O’Connor dei poveri. Voce simile, testa pelata, vuol giocare anche lei a fare la femminista, dicevano.



Certo, Dolores esprimeva un repertorio più leggero della sua compatriota, ma in quanto a capacità vocali non ha mai avuto niente da invidiarle, una delle più belle voci femminili di sempre. E anche il repertorio. E purtroppo anche i problemi mentali, come tanti, troppi irlandesi passati nell’inferno di una nazione dove la religione, in tanti casi, ha devastato troppe persone. Disturbi bipolari, anoressia: “Avevo semplicemente smesso di mangiare, vivevo a sigarette e caffè”. Nel 2014 i suoi disturbi mentali, subito dopo il divorzio dal marito in un matrimonio durato più di vent’anni erano esplosi quando all’aeroporto aveva aggredito per motivi banali una hostess e due poliziotti. I Cranberries erano lei, nessuno si ricorda i loro nomi, tre ragazzotti irlandesi niente di che musicalmente. Ma c’era lei, con la sua voce, i suoi bellissimi occhi come due raggi laser a bucare lo schermo. Ed era profondamente irlandese, con l’orgoglio dei veri irlandesi.



Zombie, una canzone che raccontava dei tanti irlandesi morti per terrorismo o per colpa delle truppe inglesi, si era imposta con un video tra i più inquietanti, quasi impossibili da vedersi. Altro che Marilyn Manson. A parte le immagini di bambini in mezzo alle raffiche di mitra a Belfast, quella sorta di figura mostruosa uscita dall’inferno e quel demonio con gli aghi sul capo: l’orrore della guerra, tutto intero. E la sua rabbia, il suo dolore, esplodeva in quel cantato devastante che usciva dal suo corpicino. Ci aveva fatto innamorare con il suo pop rock fresco e esaltante, come non se ne ascoltava da anni, canzoni di bellezza purissima come Dreams e tante altre. Nel 2003 lei e i Cranberries aprirono per i Rolling Stones a San Siro davanti a 60mila persone. Be’ se qualcuno si aspettava il solito gruppo minore ad annoiare cambiò idea: ci fece alzare tutti in piedi per ballare e sgolarci con le sue nenie irlandesi al suono poderoso del rock’n’roll.

Perché piangiamo quando muore una persona che non abbiamo mai visto di persona? Perché passeremo ancora una volta la notte al buio ad ascoltare le sue canzoni? Perché le persone come Dolores hanno reso la nostra vita migliore, ci hanno fatto compagnia, ci hanno fatto fuggire un attimo dall’odiosa realtà. Come ha detto qualcuno, “a differenza delle persone reali, la musica non mi ha tradito mai”. Io mi sento di dirlo e Dolores fa parte di questa compagnia di anime meravigliose che non mi ha tradito mai. Di lei restano le immagini sbarazzine nel video di Just my Imagination, per le strade di Dublino, capelli corti da maschiaccio, aria irriverente da bulletto di periferia, ma con gli occhi sgranati in uno sguardo perso nel cielo blu, davanti a tanta bellezza, seduta sui gradini di una casa qualunque. Felice di essere viva.