Luigi Tenco moriva suicida 51 anni fa nella stanza 219 dell’hotel Savoy di Sanremo. Correva l’anno 1967 e il cantautore ligure si era appena esibito alla diciassettesima edizione del Festival di Sanremo in ‘Ciao, amore ciao’, ottenendo soltanto 38 preferenze su 900 (la canzone si classificò dodicesima sui sedici brani in gara). La sua partecipazione fu condizionata dall’assunzione di farmaci o di una bevanda alcolica e risultò poco soddisfacente, al punto che lo stesso maestro Gianpiero Reverberi affermò la propria difficoltà nel seguirlo con la musica. Dopo essere stato informato del deludente risultato, Tenco si diresse nella sua stanza d’albergo visibilmente contrariato. Fece una telefonata alla fidanzata di allora e successivamente si tolse la vita: la data stimata per il decesso fu l’una di notte circa e i primi a rinvenire i corpi furono Lucio Dalla e la collega Dalila che, come tradizione di quegli anni, si esibì nella stessa canzone di Tenco. La cause del suicidio restarono per anni avvolte nel mistero: si parlò persino di Gladio o P2 ma la realtà fu che il cantautore ligure fu vittima del cinismo di quell’epoca e delle conseguenze che un simile fallimento avrebbe avuto nella sua carriera.
Luigi Tenco: il suo indimenticabile ricordo
Luigi Tenco aveva solo 29 anni quando si suicidò dopo la delusione per l’eliminazione al Festival di Sanremo del 1967. Ma la sua musica segnò l’inizio di una vera rivoluzione artistica nel mondo del cantautorato italiano, proprio come accade per i suoi colleghi della scuola genovese quali Bruno Lauzi, Fabrizio De Andrè e Gino Paoli. Anche grazie a lui si comiciò a trattare temi più profondi, e ben diversi da quelli tipici della musica italiana di allora: dall’amore nelle sue varie sfacettature, compresa la sofferenza, ai temi sociali, alla politica fino alla guerra o all’emarginazione. Temi che poi sarebbero diventati ancor più di attualità l’anno successivo, con la rivoluazione culturale del 1968, e che furono compresi da molti altri artisti della seconda metà del ‘900. Per Salvatore Quasimodo, “la musica di Tenco ha voluto colpire a sangue il sonno mentale dell’italiano medio”, mentre innumerevoli furono gli omaggi di amici e colleghi in canzoni scritte dopo la sua morte. Luigi Tenco fu, infatti, citato tra gli altri in testi di Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori e Donatella Rettore.