“How about a cheer for all those bad girls And all those boys that play that rock ‘n’ roll They love it like you love Jesus It does the same thing to their souls”: “Il tema che il rock’n’roll possa essere una sorta di religione o un ritiro puro e sacro per l’anima è spesso presente nel suo lavoro”, dice Adria Petty figlia del musicista scomparso circa un anno fa. 



Il tema che la musica rock faccia lo stesso effetto che fa la religione, come canta Tom Petty nel brano Have Love Will Travel, è tutt’altro che blasfemo. E’ anzi la descrizione perfetta che la musica, certa musica, dalla classica al rock’n’roll, non la spazzatura che siamo abituati a sentire ogni giorno, è il soffio dello spirito di Dio: quante vite ha salvato la musica rock quando è stata espressa in modo sincero, onesto. Quante possibilità di trovare un luogo invisibile ai più, dove ritrovare se stessi, anzi sfiorare quel respiro profondo che anima il cuore di tutti gli uomini, ma che solo le persone più sensibili, le più sofferenti, quelle che per ragioni misteriose hanno sempre sentito un richiamo verso qualcosa di più grande che la vita tende a soffocare. E’ un grande mistero il rock’n’roll e se c’è un artista che in questo mistero si è immerso in modo totale, senza sconti, senza paura, è stato Tom Petty. 



Il cofanetto “An American Treasure”, curato dalla seconda moglie e dalla prima figlia, racconta questa storia, dai giorni furiosi, spigolosi, irruenti degli esordi negli anni 70, in cui Tom Petty come Bruce Springsteen (spesso paragonato a lui, quando gli chiesero di un brano psichedelico fuori da ogni schema come Don’t Come Around Here No More, Petty con malcelato orgoglio rispose: “Bruce non avrebbe mai potuto scrivere una canzone come questa”) e Patti Smith contribuì, in un’epoca di smarrimento, a riportare alla vita i fondamentali del rock’n’roll. Fino a veder sgorgare una vena di pacatezza, profondità, serenità dei suoi ultimi anni, quasi avesse intuito che la fine (fisica) fosse vicina e che tutto era compiuto. Il ritorno a casa, nel quarto straordinario cd, in cui Tom Petty riprende confidenza con il suo passato, le sue origini, quel sud degli States da dove era fuggito “da una città di perdenti”, la sperduta Gainesville in Florida per cercare la gloria a Los Angeles. E’ da qui che bisogna partire per andare al fondo di questo viaggio, nell’ascolto di questo monumentale cofanetto. “Siamo una band di Los Angeles” urla entusiasta Petty in quello che sarebbe stato il suo ultimo concerto pochi giorni prima della morte, ma, aggiunge il tastierista della sua band, gli Heartbreakers, Benmont Tench, “eravamo sì una band della California, ma eravamo anche quel gruppo di ragazzini della Florida da dove tutto era partito”.



Quel senso delle radici che solo un “sudista”, in una America che ha perso ogni valore e punto di riferimento, può conservare, al di là dei luoghi comuni sul razzismo e la supremazia bianca. Il sud degli States, è terra di mistero e nostalgia, di bellezza e di contraddizioni, di morte e redenzione. Se Bruce Springsteen ha cantato per tutta la vita di inseguire un sogno, fuggendo dalle strade secondarie della vita, trovandosi a lottare contro qualcosa di più grande di lui, il sogno americano; se Bob Dylan ha cantato di ogni sfaccettatura di una nazione che aveva tradito la promessa americana, trovando rifugio solo in un passato lontano dove quella promessa era ancora possibile, Tom Petty ha sempre avuto un punto solido a cui guardare: le sue radici.

In una commovente, quasi straziante, versione di Southern Accents qui proposta dal vivo proprio nel suo paese natale di Gainesville del 2006, la sua canzone manifesto, Petty riesce a esprimere una appartenenza che appare sorprendente a lui stesso, quasi inconsciamente, ma impossibile da trattenere: “C’è un sogno che continuo a fare, in cui mia madre viene da me e si inginocchia davanti alla finestra e dice una preghiera per me”.

Come tutte le grandi anime del rock’n’roll, Tom Petty ha combattuto anche lui una battaglia durissima per tutta la vita che nessuno seppe mai: “Incoraggiato da Dana, Tom ricominciò a fare terapia per affrontare la sua depressione e i demoni persistenti, ma alla fine fu come se fosse rinato” (era il 2002 e Petty era sulle scene dai primi anni 70). Ma la sua musica, incredibilmente, aveva sempre espresso una gioia contagiosa che tutti percepirono: “Si mise a registrare il copyright delle sue prime canzoni negli anni 70 seduto al tavolo della cucina con mia madre con un libro di istruzioni su come farlo. La gente avrebbe urlato quelle canzoni fuori del finestrino delle loro macchine per i successivi 40 anni. Lui era il respiro vivente dell’America perdente. Era pieno di amore e speranza” dice la figlia Adria.

Ed è per questo che il quarto e ultimo cd di questo cofanetto è l’autentico tesoro americano di cui recita il titolo. Quel tesoro sono piccole canzoni, alcune rimaste inedite, altre non memorizzate e dimenticate dagli ascoltatori, che narrano di un uomo che riscopre il suo passato, la sua infanzia, la sua terra, la sua gente: brani splendidi come Bus to Tampa Bay, Gainesville, Down South, brani di una malinconica dolcezza perduti tra country e swamp rock sudista, echi gospel, come nella maestosa Like a Diamond.

C’è un sacco di buona musica in questo cofanetto, da perderci le settimane ad ascoltarle, ma soprattutto esce fuori il ritratto di un artista che pensavamo di conoscere e invece non era così: “Sapevamo che era un grande perché tutti cantavano canzoni come Free Fallin’, Refugees o I Won’t Back Down”, dice ancora Benmont Tench. “Ma c’è di più. C’era molto di più in Tom di quanto abbia fatto vedere alla gente. E, speriamo, un po’ tardi ma non così tardi, possiamo farlo conoscere adesso a tutti”.

“La musica di Tommy” dice la moglie Dana “trascende i limiti del suono e del tempo. Era sincero, onesto, gentile, compassionevole, incredibilmente divertente, sempre professionale e lavorava eccezionalmente duro. E’ stato una benedizione per questo mondo”.

E’ tutto compreso in una deliziosa ballata solo voce, chitarra acustica e pianoforte, You and Me. “Fu l’ultima canzone che Tom ascoltò. Il primo ottobre dello scorso anno (Petty sarebbe morto il giorno dopo, ndr), racconta Dana, mi chiese di andare su YouTube e vedere il video di quel brano. Mentre guardavamo quel video, mi stringeva forte e mi diceva che mi amava e che avrebbe sempre ricordato con tenerezza quel momento. E’ strano che quel particolare video sia stata l’ultima cosa che abbia visto prima di morire. Quel giorno si sentiva molto nostalgico”. Probabilmente dentro di lui si sentiva pronto, per un Amore più grande. Ed è per questo che a epitaffio di questo immenso artista, un autentico tesoro americano, restano le parole di Have Love, Will Travel: “Yeah, when all of this is over

Should I lose you in the smoke 

I want you to know

You were the one

And may my love travel with you everywhere

Yeah may my love travel with you always”. 

Un amore che viaggerà sempre accanto a chi ha avuto la fortuna di vivere con la sua musica questo straordinario viaggio della vita.