Le luci nel grande stadio si spengono. E’ il momento in cui il pubblico freme, attraversato da un brivido incontenibile: il momento atteso da ore sta per accadere. Improvvisamente, in modo quieto, appena coperto dal brusio della folla, partono delle note. La gente le riconosce immediatamente e come non si potrebbe, sono alcune delle note musicali più celebri al mondo, quelle che hanno fissato nell’immaginario collettivo il mito del vecchio West. Non quello patinato, elegiaco e anche molto finto dei vari John Wayne, ma quello dei perdenti, dei disperati, dei reietti. In una parola quello immortalato da Sergio Leone.



La musica soffia adesso imperiosa, sembra annunciare l’arrivo di fantasmi sepolti nel tempo. La folla trattiene il respiro. E a uno a uno, da una scaletta che sbuca sul palco appaiono loro, i moderni fuorilegge, quelli del rockn’n’roll, la musica contro per antonomasia, ma anche quella dei sogni, della redenzione dei perdenti perché come diceva lo scomparso Tom Petty, “anche i perdenti possono essere fortunati, a volte”. Beautiful losers, magnifici perdenti, nei quali tutti ci riconosciamo.



Mentre le note di Ennio Morricone si elevano nell’aria ecco l’ultimo a entrare in scena: Bruce Springsteen, e il boato enorme sembra coniugare la sua figura a quella di Clint Eastwood. Il mito rivive, il mito è ciò che di cui ognuno ha bisogno, un punto di riferimento, qualcuno che, anche se per poche ore sia in un cinema che in una sala per concerti, possa condurci in quella “promise land” di cui tutti i cuori hanno bisogno, specialmente di questi tempi dove cinismo, menzogna, furberia malsana ci tolgono il desiderio di vivere.

Non è solo Springsteen, nel mondo del rock, ad aver usato le musiche di Morricone per i propri concerti, anche i Guns n’ Roses ad esempio erano soliti farlo.



Ennio Morricone, che oggi compie 90 anni, non ha creato lui questo legame con il mondo del rock, tutt’altro. E’ il mondo del rock che è andato verso di lui, riconoscendo nella sua epicità, nel suo approccio spirituale ed evocatore la stessa visione che appartiene al rock. Quello che ne è nato è un connubio formidabile. In fondo le canzoni sono anche piccoli film e Morricone, la notte che gli fu consegnato l’Oscar, il primo della sua carriera oltre a quello per la carriera nel 2007 nonostante cinque nomination (I giorni del cielo, Mission, Gli intoccabili e Malena) per The Hateful Eight, commentò: “Non c’è grande musica senza un grande film”.

Nel 2007 uscì un disco, “We all love Ennio Morricone” a cui prendevano parte nomi come Metallica, Roger Waters, Andrea Bocelli e Springsteen il quale si produsse in una fascinosa versione strumentale proprio di C’era una volta il West.

Non mancano i precedenti: stralci dal tema di Il buono, il brutto e il cattivo Springsteen li aveva eseguiti due volte nei soundcheck il 6 luglio 1984 al Riverfront Coliseum (Cincinnati) durante il Born In The USA Tour e il 5 aprile 1988 presso il Capitol Center di Landover durante il Tunnel Of Love Tour . Ma anche una volta in concerto il 31 ottobre 1984 al Los Angeles Memorial Sports Arena, nel lungo e divertente racconto che introduceva il brano High School Confidential. E ancora: durante il The River Tour nel 1980-81, C’era una volta il West fu più volte suonata come parte introduttiva di Badlands.

Ennio Morricone ha ricambiato tutto questo affetto partecipando tra gli spettatori al concerto all’Accademia Santa Cecilia di Roma il 10 aprile 1996. Come raccontò il giornalista e scrittore Ermanno Labianca, “i due non si erano mai incontrati prima e durante il breve faccia  faccia Bruce si dimostrò entusiasta della visita. All’improvviso si fermò e aprì la piccola porta che li separava dal palco in modo che la musica che veniva diffusa in sala arrivasse anche alle loro orecchie. “Questo è il mio nastro personale, è la musica che voglio ascoltare dopo i miei spettacoli” affermò Bruce “è la sua musica quella che sta ascoltando ora, Maestro!” disse sorridendo mentre le note del tema finale di C’era una volta il West si spegnevano dietro le grida del pubblico”.

“Non è rock’n’roll” dice Springsteen ancora nelle parole di Labianca, “ma ha una bellezza particolare”. Morricone ha ricambiato scrivendo nella prefazione al libro di Leonardo Colombati, “Bruce Springsteen, come un killer sotto il sole, il grande romanzo americano”: “La scrittura di Springsteen è “cinematografica”: ogni verso è un’inquadratura, ogni strofa è una scena, e ciascuna canzone ci presenta un personaggio ritratto a tutto tondo, colto nel momento decisivo della sua vita. Questa scrittura cinematografica non può lasciare indifferente chi, come me, ha scritto musica per il grande schermo. La musica del cinema, se è valida, può essere ascoltata e apprezzata anche senza guardare le immagini. Allo stesso modo, le canzoni — musica e parole — di Springsteen potrebbero essere paragonate alla colonna sonora di un film ancora da girare: non hanno bisogno di immagini alle quali appoggiarsi perché sono loro stesse ad evocarle”