Il 16 novembre è stato pubblicato Down The Road Wherever, nono album solista di Mark Knopfler, a distanza di tre anni dall’ultimo lavoro Tracker.
Il disco è stato registrato, così come avviene da una decina di anni, negli studi londinesi di proprietà dello stesso Mark: i British Grove, il top della strumentazione analogica (alcuni mixer arrivano direttamente da Abbey Road) e digitale per avere una qualità di incisione superlativa.
Sulla qualità di Knopfler chitarrista, cantante e compositore, sappiamo già tutto e questo disco lo conferma in pieno. È incredibile tuttavia come alla soglia dei 70 anni, Mark riesca a scrivere ancora una quantità così grande di musica: fra le varie edizioni standard e deluxe su CD ed LP si arriva a 20 brani inediti, con una grandissima varietà musicale.
I musicisti sono in larga parte gli stessi che suonano con lui dal lontano 1996, quando decise di iniziare una nuova carriera solista che come durata ha superato di gran lunga i gloriosi anni con la sua prima band: i Dire Straits.
Di quel periodo è rimasto solo Guy Fletcher, tastierista degli ultimi DS appunto e più stretto collaboratore di Mark tanto da esserne diventato co-produttore.
Oltre alla formazione classica, per queste registrazioni si sono aggiunte percussioni, fiati e coriste: il tutto sapientemente miscelato con un effetto finale piacevolissimo e mai eccessivo.
Il singolo di lancio è stato Good On You Son, con la Les Paul del ’58 in evidenza già dalle prime note e un ritornello molto orecchiabile unito a sonorità per certi versi inedite più il colpo di genio del sax nella parte finale quando meno te lo aspetti.
La prima traccia è Trapper Man, anch’essa piuttosto ritmata e con una melodia vocale fra le più belle disco. Ecco un’altra piacevole sorpresa, oltre a un ritorno a maggiore uso della chitarra elettrica: la voce di Mark è meravigliosamente sempre più espressiva in tutti i suoi “limiti” e le sue sfumature.
Back On The Dance Floor è un omaggio alla disco music stile Abba; a proposito di musical, Mark negli ultimi mesi è stato impegnato a riscrivere le musiche di Local Hero per il riadattamento teatrale dell’omonimo film che andrà in scena in UK a partire da aprile 2019.
Nobodys Child ha l’effetto di una delicatissima carezza, cantata in un falsetto con un filo di voce sapientemente alternato alla fedele Gibson.
Anche When You Leave è una ballata di classe superiore che ci porta immediatamente in un’altra dimensione con la sua tromba da jazz club anni 50.
My Bacon Roll è più classicamente knopfleriana così come Nobody Does That che riporta a sonorità anni 70: fiati e chitarre più qualche suono sintetizzato, iniziativa di Fletcher probabilmente.
Ma la canzone più rappresentativa è a nostro avviso One Song At A Time che non a caso include nel testo il titolo dell’album; circa un mese fa, Knopfler è venuto in Italia per ricevere un premio e in quella occasione ci spiegava che il brano è dedicato all’amico scomparso Chet Atkins con cui Mark collaborò parecchio producendo insieme anche un intero splendido album nel 1990.
In conclusione Down The Road Wherever è un lavoro di qualità assoluta che probabilmente necessità di più ascolti per essere apprezzato appieno; se possibile, una ulteriore crescita nel percorso di questo mostro sacro della musica mondiale che in primavera si imbarcherà per l’ultimo tour mondiale con ben sette date italiane (la prima a Milano in maggio e l’ultima all’Arena di Verona in luglio).
(Manlio Di Giovanni)