Francesco De Gregori a casa non riesce proprio a starci, a differenza di suoi colleghi come Ivano Fossati o Francesco Guccini che invece hanno detto addio ai concerti. 67 anni portati magnificamente, il cantautore italiano è protagonista di un film documentario dedicato ai concerti che ha tenuto in giro per l’Europa e l’America lo scorso anno, “Vero dal vivo”, girato dal suo fotografo Daniele Barraco e che andrà in onda su Rai3 la sera del primo dicembre. Ma è solo l’inizio in vista di un 2019 molto particolare. Prendendo idea dalla residenza durata un anno di Bruce Springsteen a Broadway, dove si è esibito circa 300 volte consecutive, anche De Gregori si piazzerà in un teatro, quello della Garbanella a Roma, anche se solo per un mese, dal 28 febbraio al 30 marzo. E ancora: in estate un tour accompagnato da un quartetto d’archi in giro per le località artistiche più affascinanti d’Italia. Un modo per diversificare l’attività concertistica, che rischia altrimenti di diventare sempre uguale. Ha promesso infatti che le serate alla Garbanella saranno una diversa dall’altra dal punto di vista delle canzoni. A proposito del film in una intervista pubblicata oggi su Il Giornale dice non essere un film musicale, ma un dietro le quinte, la sua vita in tour: “E’ il racconto senza filtri della vita di un musicista”.
FRANCESCO DE GREGORI COME SPRINGSTEEN
Cinque concerti alla settimana alla Garbanella invece: “Sarà un po come fare teatro, un modo diverso di suonare e di stare a stretto contatto con il pubblico (solo 230 posti, ndr). Una specie di jam session. Sarà tutto a sorpresa. Lo faccio per non cedere alla ripetitività e alla prevedibilità. Se i concerti andranno bene mi piacerebbe ripetere l’esperienza a Milano”. A proposito del secondo progetto invece dice che partirà l’11 giugno dal Teatro di Caracalla a Roma, si chiamerà Greatest Hits Live: “Oltre alla mia band avrò un’orchestra di 40 elementi e un quartetto. Mi impegnerò ad eseguire tutti i miei classici”. Tornando indietro nel tempo De Gregori dice che fu al Folkstudio di Roma che incontrò la grande canzone d’autore e quella popolare, da Giovanna Marini a Otello Profazio e poi De André. “Da lui imparai che si potevano scrivere storie vere, poi l’incontro con Cohen e infine su di me si abbatté l’uragano Dylan. Aver tradotto le sue canzoni è una delle cose di cui vado più orgoglioso”.