Non si capisce perché il reggae e non il blues, la musica folk o anche il rock’n’roll e il reggae sì visto che tutti questi generi detengono le stesse caratteristiche per cui la musica giamaicana è stata eletta patrimonio dell’umanità dall’Unesco e cioè “aver contribuito al dibattito internazionale su ingiustizia, resistenza, amore e umanità, sottolineando la dinamica in una sola volta cerebrale, socio-politico, sensuale e spirituale”. Vabbè, l’America ha già tanti riconoscimenti mentre la promozione della musica giamaicana si inquadra in una visione terzomondista che all’Unesco non è mai mancata, tenendo anche conto che ormai il reggae non esprime più questi valori, ma è diventata musica dance qualunque.



BOB MARLEY PATRIMONIO CULTURALE MONDIALE

Si legge ancora nella dichiarazione ufficiale: ”Nata in uno spazio culturale che ospitava gruppi emarginati, principalmente nella Kingston occidentale la musica reggae della Giamaica è un amalgama di numerose influenze musicali, incluse le prime forme giamaicane, nonché i ceppi caraibici, nordamericani e latini. Col tempo, gli stili neo-africani, l’anima, il ritmo e il blues del Nord America furono incorporati nell’elemento, trasformando gradualmente lo ska in rock steady e poi in reggae. Mentre nel suo stato embrionale la musica reggae era la voce degli emarginati, la musica è ora riprodotta e abbracciata da un’ampia sezione trasversale della società, compresi vari generi, gruppi etnici e religiosi”. L’ultimo capoverso, come detto prima, è decisamente discutibile, cioè andrebbe tradotto come “da voce degli emarginati oggi il reggae è stato annacquato a voce dei giovani bianchi e ricchi che vanno in discoteca”. Fa comunque piacere che personaggi dal grandissimo impatto musicale e umano come Bob Marley, Peter Tosh, Desmond Dekker, Gregory Isaacs o Jimmy Cliff, facciano parte dei tesori culturali delle Nazioni Unite. Anche se sembra un po’ l’imbalsamazione in un museo…

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