Ha messo subito le mani avanti, definendo il suo post “estremamente razzista”. La cantante irlandese Sinead O’Connor, che ha annunciato da poco la sua conversione all’Islam, cambiando anche il nome in Suhada Davitt si è lasciata andare a un attacco veemente, cosa che non è certo la prima volta che fa, anche se il tema è ovviamente nuovo per lei, vista la fresca conversione. Se una volta strappava la foto del papa (era il 1992) adesso dice che “Sono tremendamente dispiaciuta. Quello che sto per dire è qualcosa di così razzista che non avrei mai pensato che la mia anima potesse sentirlo”. Poi la “bomba”: “non voglio trascorrere ancora tempo con persone bianche (se è così che si chiamano i non musulmani). Non per il momento, per nessuna ragione. Sono disgustosi”. Ovvi i commenti irati al suo post, ma la maggior parte sono stati proprio da parte di musulmani, che l’hanno rimproverata che in questo modo fa passare per razzisti tutti gli islamici: “L’Islam non consente di essere razzisti e di generalizzare” ha detto qualcuno.
GLI ISLAMICI CRITICANO SINEAD O’CONNOR
Addirittura è stato lanciato un hashtag per defilarsi dalle sue dichiarazioni, il classico, sebbene leggermente modificato, #notintheirname, cioè non nel loro (dei musulmani) nome. A parte che di neri non musulmani è pieno il mondo mentre lei identifica solo i bianchi come non musulmani, questo ennesimo post della O’Connor dimostra una volta di più il livello grave della malattia mentale dell’artista, in sostanza una ricerca disperata di attenzione. Eppure nonostante aver subito da bambina le violenze fisiche e psicologiche di una madre altrettanto malata di mente, la cantante aveva avuto una lunga carriera che, sebbene con prese di posizione femministe molto forti, aveva fatto credere che Sinéad potesse vivere una vita alquanto normale. Ha pubblicato dischi bellissimi, è stata una performer eccezionale, aveva avuto diversi mariti e figli. Poi improvvisamente la malattia è esplosa: dapprima con comportamenti eccentrici, come auto nominarsi prete della Chiesa cattolica, poi con continui messaggi in cui diceva di stare per suicidarsi. Ma erano il classico “al lupo al lupo” gridato per essere al centro delle attenzioni. Era anche sparita dalla circolazione in America per diversi giorni, facendo pensare al peggio. Quest’ultima conversione all’Islam fa parte del gioco, purtroppo. Un gioco malato che non vede soluzioni. L’unica speranza è che non si faccia male da sola e non ne faccia agli altri, soprattutto i figli.