La strenna perfetta per un amico o un’amica che va a teatro è un libro dal titolo insolito e strano “Il Galempio – Ovvero fauna e fauna del teatro lirico” (pp. 202, euro 23, Zecchini Editore) di Piero Rattalino. Cos’è il Galempio? Non è né un cognome, né una figura mitologica. È la storpiatura di un verso di un libretto quando nel concertato alla fine del primo atto del verdiano Macbeth il coro canta “colgo l’empio”, l’impasto tra parole e musica fa sì che gli ascoltatori lo ascoltino cantare “col galempio”. E non è escluso che gli stessi coristi impasticcino il verso. Un po’ come “L’amore è un dardo”, la fortunata rubrica televisiva che nel 1993 lanciò, mediaticamente, Alessandro Baricco in cui si storpiava un verso de Il Conte di Luna (“l’amor ond’ardo”, Il Trovatore Atto Secondo) per dare un titolo accattivante a una trasmissione in cui si raccontavano in modo garbato e divertente i libretti di opere molto note.



Rattalino (classe 1931) è un noto pianista e per oltre trent’anni titolare della cattedra principale di pianoforte al Conservatorio di Milano. È stato per quaranta anni direttore artistico di importanti istituzioni musicali (l’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma, il Teatro Comunale di Bologna, il Carlo Felice di Genova, il Regio di Torino, il Massimo Bellini di Catania), nonché consulente del Festival Verdi di Parma, del Festival internazionale pianistico di Brescia e Bergamo e membro delle giurie d’importanti concorsi internazionale. Conosce a fondo, quindi, palchi, platee, camerini, corridoi e coulisses del mondo della musica italiana. La sua bibliografia include numerosi saggi e opere di riferimento.



Con “Il Galempio” si è voluto divertire. E ha voluto divertire i lettori, raccontando storie e personaggi del mondo della musica. Il volume, agile e di facile lettura, è strutturato quasi come il libretto di un’opera d’altri tempi: tre atti (ciascuno diviso in quattro quadri) e due “intermezzi”. Il primo atto riguarda i direttori d’orchestra (quattro arguti ritratti: Stockhausen, Celidibache, Gavazzeni, Del’man), il secondo i sovrintendenti (Badini, Adamoli, Erba, Bombace), il terzo i presidenti di istituzioni musicali (Fortuna, Orizio, Borri, Agnello). Il primo intermezzo si riferisce alle storpiature dei libretti, quando si canta. Il secondo al do dei tenoroni o di quelli che ritengono tali.



Si apprendono, divertendosi, tante cose del mondo del teatro e della musica. Ad esempio, la devozione di Sergiu Celidibache per una Santissima Trinità in cui Victor De Sabata era il Padre, lui stesso il Figlio (e il Salvatore) e Franco Ferrara lo Spirito Santo. E come sotto il cappottone e il cappellaccio di Gianandrea Gavazzeni si celasse un grande gusto per le battute. Oppure ancora l’abilità con cui Karlheinz Stockhausen fosse un abile manager e agente di se stesso e dei suoi collaboratori. Tra i Sovrintendenti molto interessanti le pagine che descrivono la trasformazione di un alto funzionario dell’amministrazione della Regione in un’abile guida di un teatro (Alberto Bombace catapultato, in un momento difficile, al Massimo Bellini di Catania) e il ritratto di Carlo Maria Badini. Tra i Presidenti, appassionante quello del Barone Francesco Agnello, Presidente degli Amici della Musica di Palermo e successivamente del Comitato Nazionale Italiano Musica.

Insomma, un libro che merita da esser letto non solo da chi riceve, ma anche da chi fa il regalo.