Il Lago dei Cigni di Petr Ilic Ciajkovskij è un titolo molto amato dal pubblico romano. Unicamente al Teatro dell’Opera di Roma è stato messo in scena una ventina di volte: ha fatto la sua prima apparizione nel 1937 con la coreografia di Boris Romanov, conoscendo a partire da questo momento una fitta serie di rappresentazioni (oltre cento). Senza contare le messe in scena in altri teatri e quelle di compagnie, spesso russe, in tournée. Una nuova produzione di Benjamin Pech da Marius Petipa e Lev Ivanov, ha inaugurato il 28 Dicembre la stagione di balletto 2018-2019 del Teatro dell’Opera e resterà in scena sino al 6 febbraio. Con una rappresentazione speciale per la sera di San Silvestro.
Il Lago dei Cigni chiude un 2018 che ha segnato, per il Teatro dell’Opera, risultati molto rilevanti in termini di crescita degli incassi: hanno raggiunto 13.940.000 euro contro gli 11.047.885 dell’anno precedente, con un incremento di 2.892.115 rispetto al 2017 pari al 26,2%. È un dato molto importante perché si somma a quelli molto positivi degli ultimi anni: nel 2013 gli incassi ammontavano infatti a 7.482.664 euro, dunque l’aumento nei cinque anni è stato del 86,3%. Cresce anche il numero di spettatori che passa dai 232.700 dello scorso anno ai 246.700 del 2018, con un incremento di 14.000 persone. Nel 2018 al Teatro sono stati conferiti due importanti premi: a La Damnation de Faust diretta da Daniele Gatti con la regia di Damiano Michieletto è stato attribuito il Premio Abbiati della critica italiana come miglior spettacolo dell’anno e al Billy Budd con la regia di Deborah Warner il premio come migliore nuova produzione agli International Awards a Londra. La stagione appena iniziata è piena di promesse.
Il Lago dei Cigni è uno dei titoli più famosi e amati, una fiaba romantica percorsa dall’eterno conflitto tra Bene e Male che ancora oggi, con il suo intenso simbolismo, continua ad affascinare gli spettatori di tutto il mondo .Benjamin Pech, già étoile dell’Opéra di Parigi e Assistente alla Direzione del Ballo del Teatro dell’Opera di Roma, dopo aver creato diverse coreografie si confronta con il riallestimento coreografico del balletto icona della tradizione classica.
La lunga genesi del balletto inizia nel 1868, quando Pëtr Il’ič Čajkovskij durante un viaggio sul Reno in compagnia Vladimir Petrovic Begičev – sovrintendente dei Teatri Imperiali di Mosca nonché futuro librettista del balletto – matura l’idea di un soggetto ispirato ai miti della donna-cigno. Nel 1875 poi il Teatro Bol’šoj di Mosca commissiona al compositore russo la partitura per un grande balletto di fantasia, così Il Lago dei Cigni va in scena per la prima volta il 20 febbraio 1877 con la coreografia di Julius Wenzel Reisinger. Il balletto viene ripreso negli anni Ottanta, prima di approdare nelle mani di Marius Petipa, che già aveva collaborato con Čajkovskij per La Bella Addormentata (1890). Il grande coreografo definisce uno schema generale e ne affida la realizzazione al suo assistente Lev Ivanovič Ivanov, che firma la coreografia del secondo atto messo in scena il 17 febbraio 1894, poco dopo la scomparsa del compositore nel novembre 1893. Arriva quindi la decisione di rappresentare il balletto per intero: Petipa riesamina il soggetto e compone la coreografia del primo e di quasi tutto il terzo atto, mentre il resto è lasciato a Ivanov. La versione del balletto definitiva di Petipa e Ivanov, quella a cui attingono la maggior parte degli allestimenti successivi, trionfa il 27 gennaio 1895 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, con l’italiana Pierina Legnani nel ruolo della protagonista.
In questa nuova produzione Benjamin Pech rimanendo in gran parte fedele al libretto immaginato da Petipa, rielabora la drammaturgia dando vita ad una nuove versione: Il mago Von Rothbart che trasforma la principessa in cigno, non c’è in questa produzione. È Benno, l’insospettabile amico del Principe Siegfried, a incarnare questo ruolo malefico. Benno, geloso e avido di potere, cela le sue reali intenzioni, dissimula e finge bene. Manipola il Principe per tutto il balletto e solo alla fine del terzo atto rivela la sua vera natura, quando l’inganno è ormai compiuto. Siegfried credendo di ritrovare Odette nei panni dell’ingannevole Odile, le promette amore eterno. Il tradimento diventa il tema centrale di questa versione: si compie ad opera di Benno nei confronti del Principe, e del Principe nei confronti di Odette pur senza volerlo. E’ un cambiamento di drammaturgia spiegabile in quanto tra il 1875 e il 1876 Petr Ilic e suo fratello Modest erano nel pieno della crisi di identità sessuale ed esistenziale che si rispecchia nel tema languido conduttore della partitura.
Ho assistito alla ‘prima’ del 28 dicembre quando ospiti d’eccezione per i ruoli dei due protagonisti erano Anna Nikulina e Semyon Chudin entrambi principal dancer del Teatro Bol’šoj di Mosca. Ambedue di altissimo livello sia nei ‘passi’ acrobatici che in quelli più apertamente romantici. Un ruolo determinante nella versione di Benjamin Pech è affidato al personaggio di Benno, amico del Principe Siegfried, interpretato da Giacomo Castellana con grande perizia. Ottimi tutti gli altri ed il corpo di ballo. Ottima idea quella di riprendere , dopo qualche anno in magazzino, le scene ed i costumi di Aldo Buti con quel-non-so-che di teatro ‘di vecchia maniera’ con teli dipinti e colori sgargianti.
Una menzione particolare merita l’orchestra guidata con maestria da Nir Kabaretti, il quale è tutt’altro che un routinier ma in grandi teatri ed importanti festival spazia da Rossini a Wagner. L’orchestra non si è limitata come spesso avviene ad accompagnare i ballerini ma ha sottolineato, con passione, i legami con le sinfonie del compositore.
Una nota di demerito al pubblico della platea (teatro affollatissimo), Nonostante l’annuncio del divieto di tenere i cellulari accesi, molti erano solo silenziati e venivano utilizzati per leggere ed inviare messaggi e fare fotografie (proibite), disturbando i vicini e inquinando i giochi di luce di Vinicio Cheli. A Salisburgo ciò comporta il sequestro del dispositivo ed una multa di 200 euro. Probabilmente si tratta delle stesse persone che prima di andare a teatro lasciano i rifiuti in strada.