Miseria e Nobiltà di Marco Tutino, su libretto di Luca Rossi e Fabio Ceresa, non è una farsa come l’omonima commedia di Edoardo Scarpetta, spesso ancora sulla scene e di cui torna sovente in televisione il divertentissimo film di Totò. Da Marco Tutino, di cui si ricordano, tra l’altro, The  Servant, Senso, Le Braci e La Ciociara, non ci si poteva aspettare un lavoro privo di una vis drammatica e di un forte impegno civile. Alla prima mondiale, la sera del 23 febbraio nel magnifico, e gremitissimo, Teatro Carlo Felice di Genova il pubblico ha anche riso (dato che l’impianto generale di Scarpetta ed alcuni dei momenti più marcatamente comici vengono mantenuti) ma si è trattato di un riso amaro. Sull’Italia di ieri e di oggi, alla vigilia di un’importante consultazione politica.



L’azione è spostata dalla Napoli ottocentesca nei primi anni del Regno d’Italia, con una borghesia affaristica nascente ed un’aristocrazia in declino, al maggio 1946 durante la campagna referendaria per scegliere tra Monarchia e Repubblica. Una Napoli bombardata e, quel che più conta, in cui si soffre la fame. La borghesia commerciale si è arricchita grazie alla borsa nera ed, unitamente con quel-che-resta dell’aristocrazia. fa il tifo per la Monarchia.  



Felice Sciosciammocca (Alessandro Luongo) è un pover’uomo che ha perso il posto di maestro perché antifascista, ed anche la moglie (Valentina Mastrangelo) , finita tra le braccia di un aristocratico (Andrea Concetti) dietro la promessa (mai mantenuta) di farlo reintegrare. In questo contesto, si svolge la vicenda del travestimento di Sciosciamocca da aristocratico per facilitare le nozze del figlio di un borghese arricchito (Fabrizio Paesano) con una ballerina del San Carlo (Martina Bvieneelli). Scioscamocca viene indotto a partecipare all’inganno con una lauta portata di spaghetti al pomodoro per lui, famiglia e vicini. Scopre che la moglie è al servizio del borghese (Alfonso Antoniozzi). Durante la cena, arriva l’aristocratico vero e viene annunciata alla radio la vittoria della Repubblica al referendum . Scattano una serie di equivoci che portano alla benedizione delle nozze dei due giovani ed alla riconciliazione tra Felice e la propria moglie. Mentre borghese ed aristocratico firmano un ‘patto di ferro ‘ perché con la Repubblica cambi tutto per non cambiare niente.



In La Ciociara, vista pochi mesi fa a Cagliari, Tutino aveva mostrato il trasformismo mentre l’Italia perdeva la seconda guerra mondiale e sbarcavano gli alleati. In Miseria e Nobiltà scava sull’opportunismo presente anche in un grave momento storico.

La partitura rispecchia molto quella della ‘nuova opera americana’: un tappeto orchestrale diatonico e marcatamente melodico (con pochissimi riferimenti alla musica napoletana) ed un brillante contrappunto nella divertente scena della cena, declamato che sbocca in ariosi, ed in alcune arie per soprano ed anche in ‘pezzi a più voci’, concertati con coro e solisti al termine di ciascuno dei due atti con importanti interventi del coro, oltre che di tutti i solisti. I due concertati sono chiari omaggi all’opera italiana dell’Ottocento così come lo sono le due-tre arie per soprano. Una musica concepita per piacere il pubblico ed in cui c’è poco o nulla di sperimentale.

Il pubblico la segue con interesse, si mostra divertito nei momenti più smaccatamente comici ed appassionato, invece, in quelli drammatici e nel sarcastico finale, denso di contenuti socio politici.

Numerosi applausi a scena aperta ed, al termine, ovazioni a tutti ma soprattutto all’autore.