Luca Barbarossa porta all’Ariston un po’ di sana romanità con il brano ‘Passame er sale‘, dall’inequivocabile dialetto. Un po’ alla Trilussa (parallelo un po’ blasfemo ma pazienza), il cantautore ha deciso di mettere nella sua canzone quella parlata che è accessibile a tutti perché qualunque italiano, da nord a sud, potrebbe facilmente capirla. Il romanesco è immediatamente intuibile e non ha parole troppo complicate che non si possano capire. ‘Passame er sale‘ è un testo dolce e amaro, a metà per così dire, tra romanticismo a oltranza e il vecchio sentimento del tempo. Ecco alcuni passi significativi: “Passame er sale, er sale fa male, passame er tempo, er tempo non c’è, passame armeno i momenti che ho vissuto co’ te, passame er vino lo mischio cor sangue, passame i sogni je metto le gambe“. Rime facili, intuitive e la ripetizione del verbo passare (Passame) non fa altro che dare un tono cadenzato, da cantilena, alla canzone, che si dipana così abbastanza lentamente. Il sale fa male (alza la pressione!), ma questo è solo un pretesto per inserire il discorso in campi più ampi, come adesso analizzeremo.
UNA VITA INSIEME
Luca Barbarossa parla d’amore, in questo testo, ma non un amore giovanile e romantico. Il cantautore romano parla di un amore consono alla sua età, chiaramente più maturo e navigato di un rapporto tra due adolescenti. Per questo il testo prosegue con il racconto delle tante avventure passate assieme come, ad esempio, la crescita dei figli. Ecco, infatti, come prosegue ‘Passame er sale‘: “Se semo amati, feriti, traditi e accarezzati, se semo presi, lasciati, pentiti e aritrovati, pe’ ogni fijo amato e cresciuto n’avemo fatte de notti, mo’ li vedi anna’ in giro ner monno coi nostri occhi“. La vita è passata e Barbarossa ricorda come è stato bello, ma anche duro, crescere insieme dei bambini (inequivocabile e vera la frase ‘n’avemo fatte de notti‘); faticoso, certo, ma anche bello. Ogni figlio è stato amato grandemente e in poco tempo è cresciuto, lasciando il nido paterno e materno. Un distacco doloroso, certamente, quello tra una padre e un figlio, che però è inevitabile. Adesso i bambini, simbolicamente parlando, se ne vanno in giro per il mondo con i loro occhi.
L’AMORE
Oltre all’aspetto familiare e genitoriale, Luca Barbarossa non tralascia certo l’amore. Dopotutto ‘Passame er sale‘ è una canzone dedicata all’amore universale, in senso largo: amore per una donna, per i figli, per la famiglia. Il ritornello ci spiega questo concetto in maniera molto semplice e intuitiva: “Ah si mi chiedi l’amore cos’è, io non c’ho le parole che c’hanno i poeti, nun è robba pe’ me. Ah si me chiedi l’amore che d’è, io non c’ho le parole ma so che ner core nun c’ho artro che te“. Una rima facile, leggera, che però rende bene l’idea di quello che vuole dire il cantautore: è una persona semplice (io non c’ho le parole che c’hanno i poeti, nun è robba pe’ me) ma che sa comunque l’amore cosa significhi. E l’amore, in senso stretto, è quello per la donna amata, che gli ha dato dei figli e con cui intende passare il resto dei suoi giorni. In questo quadro idilliaco, però, c’è anche spazio per un pizzico di amarezza: “Guardace adesso, t’aspettavi de più, gniente è lo stesso ma più bella sei tu, che manco è na stella cadente avrei chiesto de più“. Lei si sarebbe aspettata di più, probabilmente dalla vita, ma l’esistenza ha giocato queste carte e bisogna accettarle.