Quest’anno ricorre, il 25 marzo, il centenario della morte di Claude Debussy (un compositore che si staglia tra due secoli). Ciononostante nessuno dei maggiori teatri lirici ha avuto il coraggio di proporre il suo capolavoro per il teatro in musica Pelléas et Melisande (che manca dal Teatro alla Scala dal 1995 e dal Teatro dell’Opera di Roma dal 2009 ma di cui si è visto un buon allestimento a Firenze nel 2015). Mancano all’appello anche Le Martyre di Saint Sébastien (su testi di Gabriele D’Annunzio) di cui ricordo un’edizione de La Fura dels Bau al San Carlo diversi anni fa ed il balletto Jeux , un tempo in repertorio al Teatro dell’Opera di Roma.
Lavori di Debussy sono presenti nei programmi sinfonici e cameristici in varie città ma soltanto l’Accademia Filarmonica Romana, in collaborazione con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, ha programmato e sta realizzando un vero e proprio festival di musica cameristica. Il festival, intitolato Prospettiva Debussy è iniziato il 21 gennaio, si estende su sei concerti domenicali pomeridiani cadenzati sino al 22 aprile, nella piccola e deliziosa Sala Casella nei Giardini della Filarmonica in pieno centro di Roma. E’ una sala raccolta in cui si ha quasi l’impressione di essere in un salotto. Numerose delle composizioni in programma sono state concepite per sale piccole, ove non per veri e propri salotti.
Claude-Achille Debussy è stato un pianista e compositore, considerato e celebrato in patria e nel mondo come uno dei più importanti musicisti francesi, nonché uno dei massimi protagonisti del simbolismo musicale. Debussy, come ci conferma Massimo Mila, viene anche giudicato come uno dei massimi esponenti dell’impressionismo musicale, anche se lo stesso compositore ne negò l’appartenenza, nonostante le chiare influenze simboliste di Verlaine e Mallarmé. Rudolf Réti ha, correttamente, dichiarato che l’impresa di Debussy fu la sintesi della “tonalità melodica” a base monofonica con le armonie, sebbene diverse da quelle della “tonalità armonica”.
La musica di Debussy presenta influenze sia nazionali, sia internazionali. Pur apprezzando la musica di Wagner, Debussy è noto, soprattutto per la sua avversione al titanismo. Wagner è vicino alla sua musica per quanto riguarda la concezione del discorso musicale aperto e continuo, costruito con piccole immagini balenanti in continuo rinnovamento ma indipendenti tra loro. Quindi, profondamente differente dall’’armonia infinita’ perseguita da Wagner.
Lo stile di Debussy si pone tra il neoclassicismo (si veda l’utilizzo di forme barocche come la suite bergamasque ) e il romanticismo in maniera eclettica. La sua musica è stringata, non pomposa e colossale, puntando alla brevità aforistica alla maniera degli impressionisti e dei simbolisti: come loro inoltre Debussy ricerca l’innovazione nell’esotismo. La pianistica e la cameristica metto in risalto queste caratteristiche quasi più e meglio dei suoi lavori per il teatro.
Prospettiva Debussy ha un’altra caratteristica: gli esecutori invitati sono giovani, all’inizio della loro carriere ed a volte appena usciti dai corsi di perfezionamento dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Il festival, quindi, offre al pubblico non solo una panoramica del lavoro del compositore francese ma anche dei giovani musicisti italiani.
Non ho potuto seguire il primo concerto, ma i protagonisti del secondo (domenica 4 febbraio) sono stati la ventiquattrenne clarinettista Alice Cortegiani (perfezionatasi con Alessandro Carbonare) e il Trio Dmitrij, formato da Henry Domenico Durante (violino), Francesco Alessandro De Felice (violoncello) e Michele Sampaolesi (pianoforte), ensemble presente dal 2007 nel panorama musicale cameristico in Italia e all’estero, diplomato col massimo dei voti e la lode presso il Corso di Perfezionamento in Musica da camera dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia sotto la guida di Carlo Fabiano. Il Trio si chiama’ Dmitrij ‘ perché si ispira a Šostakovic di cui sta registrando un CD con un’antologia della cameristica.
Il programma ha incluso due delle ultime composizioni da camera del compositore francese, la Sonata per violino e pianoforte (1916-17) e la Sonata per violoncello e pianoforte (1915), cui si aggiungono la Première Rapsodie per clarinetto e pianoforte (1909-10) e il giovanile Trio in sol maggiore, ancora di stampo accademico, per violino, violoncello e pianoforte (1880).
Un programma affascinante non solo a ragione della perizia del Trio e della giovane clarinettista. Un programma di grande interesse perché i lavori più tardi sono totalmente immersi nel ‘Novecento Storico) e paiono quasi precedere Šostakovic che da il nome all’ensemble, mentre quello più antico è un saggio, un po’ grezzo, ma molto delicato di un diciottenne immerso ancora nel romanticismo (come indicato , ad esempio, dal melodico ‘andante espressivo’).
Grande successo.