Per chi era ragazzo alla fine degli anni 70, Stayin’ Alive o You Should Be Dancin’ erano tormentino radiofonici da cui non si scappava. Per chi poi era cresciuto ascoltando il rock di cui quel decennio ha dato la sua espressione migliore (Led Zeppelin, Neil Young. Eagles fra i tanti) quelle canzoni suonavano come un fastidioso rumoraccio: quelle insopportabili voci in falsetto, ritmi di chitarra sempre identici dall’inizio alla fine, quel pompare spropositato del basso su un’unica nota. E l’esplosione delle discoteche dove tutti si ispiravano a Tony Manero, tanto che qualcuno sui muri di New York arrivò a scrivere “death to disco”, morte alla musica da discoteca. Eugenio Finardi, come riportato nell’introduzione di questo libro, arrivò a dire che “furono due i killer del Movimento studentesco, i brigatisti rossi e i Bee Gees”. Non aveva capito, e noi con lui, che questa nuova musica era invece lo specchio della nuova realtà e che erano lui e il Movimento studentesco ad essere ormai superati.
Le riviste musicali intitolavano “Anche i Bee Gees passano alla disco”. E noi ragazzi a chiederci, perché prima cosa avevano fatto? Non risultavano nelle nostre collezioni di dischi, perché non erano un gruppo rock. Mistero.
Con gli anni e il senno di poi abbiamo capito che quelle canzoni della colonna sonora di un film tormentone anche quello erano delle grandi canzoni. Oggi suonano ancora fresche e emozionanti, quei suoni che allora ci infastidivano abbiamo imparato a decodificarli e vedere che sotto c’era un gran lavoro da grandi artisti. E comunque anche se non lo ammettevamo How Deep Is Your Love ci piaceva e l’ascoltavamo di nascosto. E infine abbiamo scoperto che i Bee Gees avevano una storia di ottimi dischi pop che partiva addirittura dagli anni 60 (brani immortali come Massachussettes o dischi sperimentali come “Odessa” tutto da riscoprire). E che anche negli anni 80 e 90 avrebbero continuato a fare belle canzoni. Insomma, li abbiamo sdoganati.
Il monumentale libro (Arcana, 470 pagine, 25 euro) “Stayin’ Alive, la storia dei Bee Gees” di Roberta Maiorano, primo libro sul terzetto dei fratelli Gibb a essere pubblicato in Italia, mette ordine, chiarisce e dà il giusto peso a una band ingiustamente definita “commerciale”.
Maiorano non è nuova a imprese di questo genere: è l’autrice infatti insieme ad Aldo Pedron, di un altro monumentale libro “Good Vibrations, la storia dei Beach Boys” e diversi altri. Autentica storica della musica pop, anche questa volta procede disco per disco, analizzandone il making of e tutti i retroscena, senza tralasciare i dettagli biografici.La sua curiosità nell’indagare nei meandri nascosti della musica e degli artisti che l’hanno creata diventa anche la nostra, tanto che diventa difficile, come in un romanzo, staccarsene. Ci sono i protagonisti, ma anche la scena storica e musicale che vi gira attorno, ci sono i retroscena e come in ogni buona storia rock c’è la morte e la droga (quella del quarto Gibb, il più piccolo dei fratelli, che non volle mai unirsi a loro e visse tutto il peso che il confronto con loro supponeva, morendo a soli 30 anni, ma avendo venduto anche lui milioni di dischi) e la resurrezione.
Oggi dei quattro fratelli ne è rimasto uno solo, Barry, il frontman e l’autore della maggior parte dei successi, che ancora non ne vuole sapere di fermarsi. Il libro gode poi della prefazione di Lucio Fabbri, negli anni 70 (e ancora oggi) membro di primo piano della PFM che bene descrive l’irrompere in quei giorni dei nuovi Bee Gees, e l’introduzione di Enzo Lo Piccolo, responsabile del sito beegeesitaly.it. Discografia accuratissima completa il libro. Per riscoprire nel modo corretto la nostra storia.