Dietro una ‘ripresa’ si cela una prima assoluta che ha attirato a Palermo musicologi da tutto il mondo. Il 13 aprile al Teatro Massi di Palermo è tornato un allestimento ‘storico’ de I Puritani di Vincenzo Bellini. La produzione nacque al Massimo della capitale siciliana dieci anni fa con un approccio allora sperimentale: affidata a Pier Allì per regia, scene e costumi, lo spettacolo prevedeva pochi elementi costruito e numerose proiezioni e giochi di luce. Fu un successo e viaggiò, in Italia, a Bologna, Cagliari e Trieste per poi essere invitata al Festival di Sanvonlinna in Filandia ed arrivare a Tokio nell’enorme Bunka Kaikan. Era una messa in scena all’insegna dell’economia dei costi, delle sinergie, della qualità. Il grigio domina i primi due atti, mentre il verde e l’azzurro caratterizza il terzo. Veloci siparietti e proiezioni facilitano l’adattamento a palcoscenici di varie dimensioni. Erano state chiamate a raccolta le migliori voci internazionali del “bel canto”- ed un budget conseguente. Fu un grande un successo ed è un’ottima idea riproporla là dove è nata augurandosi che altre fondazioni liriche la riprendano. L’allestimento scenico e la regia non sono cambiati, ma ripresi da Alberto Cavallotti. Sono differenti (rispetto a dieci anni fa maestro concertatore e interpreti. E soprattutto la partitura presentata, senza i consueti ‘tagli di tradizione’, nella edizione critica di Fabrizio della Seta (circa una mezz’ora in più di musica) mentre l’originale belliniano è esposto nel foyer del Massimo.
Ultima opera di Vincenzo Bellini, composta per Parigi prima di morire a meno di 35 anni nei pressi della capitale francese I Puritani è opera da fare tremare il polso ai sovraintendenti ed ai direttori artistici delle fondazioni liriche. Quindi, è una delle opere più raramente rappresentate, anche se più belle, del compositore catanese: è l’apoteosi del “belcanto”, pur se basata su un libretto piuttosto improbabile in cui amori, intrighi, tradimenti (finti o presunti), e pazzia ai tempi delle guerre Cromwell si intrecciano tra lori e terminano con colpo di scena e lieto fine. De Chirico ne firmò un allestimento (rivisto a Roma alla fine degli Anni Ottanta) in cui l’astrusa vicenda era trasformata in un gioco di carte – una fazione erano i “quadri” e l’altra i ”cuori ”- quasi a sottolineare l’irrilevanza del testo del Conte Pepoli, patriota bolognese in esilio a Parigi. La riapertura dei ‘tagli’ mostra approfondimenti psicologici (specialmente nel personaggio di Riccardo) sino ad ora non noti. Altro aspetto di rilievo è la ricchezza dell’orchestrazione spesso ritenuta principalmente come supporto alle voci.
Nel 2012 numerosi melomani e critici musicali sono rimasti tra lo scettico ed il sorpreso alla notizia che un gruppo di teatri “di tradizione” (con risorse infinitamente minori di quelle delle fondazioni liriche) avevano in animo di mettere in scena il lavoro: il “circuito lombardo” ( Cremona, Como, Brescia, Pavia) ed il “Pergolesi” di Jesi hanno realizzato, nel 2012, un’avventura analoga, affidando la regia, le scene ed i costumi, ad una squadra proveniente dal teatro di prosa sperimentale (Carmelo Rifici, Guido Buganza, Margherita Baldoni), e la direzione musicale ed il canto in voci in gran parte giovani e poco conosciute. L’allestimento scenico era molto semplice: un salone di un castello innevato con un secondo piano/soppalco praticabile. I costumi dei “puritani” sono austeri, quelli dei “cattolici” legati al Regno degli Stuart lussuosi. Rifici viene dalla prosa ed utilizzava in certi momenti attori per mostrare i pensieri – per lo più erotici – dei due “casti” protagonisti. Un artificio di cui, a mio avviso, si sarebbe potuto fare a meno. Tuttavia, la recitazione era spigliata e la produzione poteva andare agevolmente in circuito tra i vari teatri..
Nel circuito lombardo marchigiano, la vera scoperta fu il trentenne Giacomo Sagripanti, noto all’estero molto più che in Italia. Jessica Pratt era notissima per le sue interpretazioni al Rossini Opera Festival (ROF). Occorre tener presente che i lavori di Bellini sono spesso considerati opere in cui l’orchestra è mero supporto delle voci. Alcuni decenni fa, proprio dirigendo I Puritani in un’edizione di cui c’è un magnifico CD, l’allora giovane Riccardo Muti mostrò come l’ultima opera di Bellini non ha solo una delicatissima introduzione e la giustamente famosa polonaise ma è un ricamo di atmosfere affidate alla sonorità orchestrali tali da rendere plausibile (almeno tanto quanto la vocalità) l’astruso libretto. Nel 2015 anche Firenze e Torino hanno giudiziosamente scelto una joint venture A Firenze sul podio c’era Matteo Beltrami (classe 1975) il quali ha diretto nei maggiori teatri europei (Monaco, Dresda) ed in Italia è stato applaudito a La Fenice, al Massimo di Palermo e nei due maggiori circuiti regionali, quello lombardo-marchigiano e quello toscano. La regia era affidata a Fabio Ceresa, anche lui giovane e proveniente dalla prosa e dal cinema. Uno spettacolo di livello.
A Palermo, l’allestimento di Pier’Alli, ripreso da Alberto Cavallotti . viene concertato da Jader Bignamini ( una delle migliori giovani bacchette di oggi). Tra i protagonisti maschili, Nicola Ulivieri, Julian Kim,, e Celso Albelo. Il ruolo di Elvira , uno dei più ardui del belcanto, avrebbe dovuto essere cantato da Nadine Serra. Ammalatasi , è stato affidato a Laura Giordano (il 13 ed il 15 aprile), a Ruth Iniesta (il 14 ed il 18 aprile ) ed a Jessica Pratt (il 17 ed il 19 aprile), tre stelle del belcanto.
Di grande rilievo la concertazione di Bignamini che , alla guida di un’orchestra che ha anche un’importante stagione sinfonica, scava nell’orchestrazione mostrandone aspetti poco noti quali la ricchezza dei colori. Eccellenti Celso Albelo (con il timbro squillante ed i ‘do’ protratti), Nicola Ulivieri (di cui si sono ammirati i legato) e Julian Kim (specialmente nello scendere a registri molto profondi). Il terrificante ruolo di Elvira è stato affidato a Laura Giordano che, anche con l’aiuto di Albelo nei duetti, lo ha affrontato bene,
Teatro stracolmo . Pubblico entusiasta che ha applaudito a scena aperte e richiesto bis dopo il duetto tra baritono e basso al secondo atto e quello tra soprano e tenore al terzo. Ovazioni alla fine. Dopo la mezzanotte. Ma con la gioia di avere ascoltato I Puritani così come composto da Bellini.