A Pentecoste, a Salisburgo, c’è da decenni un festival di musica classica relativamente poco noto in Italia, anche se è molto italiano. Per diversi anni ne è stato direttore Riccardo Muti il quale, con il festival, ha fatto riscoprire la “scuola” napoletana della seconda metà dell’Ottocento e dei primi decennni del Novecento. A Muti, nel 2012, è succeduta Cecilia Bartoli che, su richiesta del Presidente e del Consiglio d’Amministrazione del Festival, ha esteso il proprio contratto sino al 2021. 



Quest’anno, la Bartoli ha deciso di dedicare la manifestazione a Rossini nel 150esimo anniversario della morte. Il festival, intitolato 1868 – Zeitenbrüche” in englisch: “1868 – Year of Ruptures, si estende dal 18 al 21 maggio: chi vuole andarci deve affrettarsi in quanto quasi tutte le rappresentazioni sono già all’insegna del «tutto esaurito». 



Il clou del Festival è la messa in scena de L’Italiana in Algeri con il debutto della Bartoli nel ruolo di Isabella. L’allestimento è di Moshe Leiser et Patrice Caurier. In buca, Jean-Christophe Spinosi dirige l’ensemble Matheus da lui creato. Oltre a L’Italiana in Algeri che verrà ripresa nella seconda parte (ossia da metà a fine agosto) del Festival Estivo, il Festival di Pentecoste prevede un mattinée di musica sacra, un concerto sinfonico, due concerti di solisti, e l’esecuzione, in forma di concerto de La Péricholesì, godibilissima operetta di Jacques Offenbach; in buca ci saranno Les Musiciens du Louvre diretti da Mark Minkowski.



Un concerto è affidato a Les Musiciens du Prince, specialmente creata dal Principe di Monaco per le sonorità richieste per il belcanto di cui la Bartoli è regina. Un altro alla Staatskappelle di Berlino diretta da Daniel Barenboim. Quindi un programma compattato in pochi giorni; quello delle vacanze scolastiche programmate in Austria e Germania per la Pentecoste, ma di altissima qualità e grande richiamo.

Ciò ci spinge a sollevare il problema dei numerosi festival italiani, principalmente estivi ed in gran misura all’aperto. Ad oggi Opera Base, il principale sito internazionale di informazione operistica, ne elenca una ventina per l’Italia nel corso del 2018. E’ un’informazione parziale perché, ad esempio, non include ancora manifestazioni di interesse internazionale come il Ravenna Festival ed il Festival dei Due Mondi a Spoleto ed ancora il Festival delle Nazioni a Città di Castello nonché quello di Arezzo organizzato quasi interamente da una grande università degli Stati Uniti. 

Il numero aumenterà man mano che si approssima l’estate. L’anno scorso ne erano classificati una quarantina, gran parte ‘carri di Tespi’ viaggianti in città balneari con titoli di repertorio, piccoli organici strumentali e artisti ignoti o quasi in gran misura dell’Europa orientale. Non sarebbe meglio concentrare le risorse sulla qualità?