Come The Band, come Gram Parsons con Emmylou Harris, come David Bromberg e Jorma Kaukonen. E anche un po’ Johnny Cash con June Carter. “Larry è nato e cresciuto a New York, quando aveva 12 anni il padre di un suo amico che era un discografico regalava loro biglietti per ogni concerto al Fillmore East. E’ cresciuto andando a vedere Cream, Led Zeppelin, Jimi Hendrix… Io invece sono nata e cresciuta a metà strada tra Nashville e Memphis, quei gruppi là dalle mie parti non passavano, noi andavamo in chiesa e cantavamo con i nostri genitori… Poi un giorno ci siamo incontrati ed è stato come la campagna che incontra la città”. Così racconta sul palco la deliziosa Teresa Williams, moglie da trent’anni del polistrumentista straordinario Larry Campbell e così è stato sul palco dell’1 & 35 a Cantù, trasformatosi per una notte in una versione ridotta del Grand Ole Opry, dove città e campagna si sono incontrati musicalmente per dar vita al miglior concerto di autentica e purissima Americana che si possa ascoltare oggi: country, folk, blues, gospel suonato e cantato con capacità e attitudini mostruosamente affascinanti.
Sul palco Larry Campbell si mostra un simpaticissimo ragazzone di 62 anni che a tutti i costi vuole introdurre ogni brano in italiano e ci riesce anche bene. La moglie lo guarda un po’ imbarazzata, commenta che così può dire quello che vuole su di lei senza che capisca. Sono una coppia affiatattissima, nella musica e nella vita e per una volta è così bello essere lontani dal mondo gluma delle star e fingersi sotto al portico di un fienile nella campagna (country) del Tennessee, la dove blues, folk e country si sono incontrati per dar vita al rock’n’roll. E’ come se la coppia ci avesse invitati a casa loro per un B&B e ci intrattenessero come familiari.
Campbell all’acustica è un autentico mostro di fingerpicking, lo suona a velocità ultrasonica e quando parte dalle note spunta di tutto, anche accenni rockabilly che mostrano tutta la sua conoscenza musicale. Quando duellano, a volte con qualche pezzo un po’ stucchevole a dir la verità, sono comunque convincenti, ma il meglio è quando si lanciano nel mondo antico della Repubblica Invisibile dell’America perduta. Dall’iniziale You’ve Got to Righten That Wrong della Carter Family che è una dichiarazione di intenti a You’re Running Wild, toccante ballata dei Louvin Brothers, a un infuocato blues che Teresa Williams domina con classe purissima, il vecchio tradizionale Samson and Delilah, fino a un travolgente gospel, il classico di Blind Willie Johnson Keep Your Lamp Trimmed and Burning, che viene voglia di saltare in piedi sui tavolini a dimenarsi guidati da una Williams che si trasforma in predicatrice di colore. E ancora: Long Black Veil con Campbell al mandolino, in cui il cantante prende in giro la moglie, ma allo stesso tempo ci dà una lezione di come quello che noi conosciamo attraverso i gruppi rock appartenga profondamente al popolo americano: “Quando l’abbiamo incisa con Levon Helm, Teresa non sapeva che questo pezzo era stato fatto da The Band, lei la conosceva perché gliela cantava il padre da piccola” aggiungendo “dopo che ha imparata a cantarla, Levon le ha detto: adesso questa canzone è tua”.
In mezzo i brani che i due hanno inciso nei loro due dischi, che in chiave strettamente acustica, grazie alla potenza magnetica delle loro voci e delle scintillanti corde d’acciaio di Campbell spiccano ancora di più: The Other Side of Pain, Ragtime Annie fingerpicking la fulmicotone, la delicata Save Me From Myself, Poor Old Dirt Farmer dal disco Dirt Farmer di Levon Helm. Campbell scuote a un certo punto la testa parlando del “grande bugiardo” che sta alla Casa Bianca: “Non capisco cosa stia succedendo in America, ma intanto stringiamoci forte tra di noi, ci saranno sempre gli angeli a farci compagnia”. Però adesso, aggiunge, “ain’t gonna be a good night” eseguendo il brano omonimo. Dal suo primo disco solista, Campbell esegue lo splendido strumentale Blind Mary, e siamo nel territorio della musica celtica. A finalizzare un viaggio completo nell’american music, una scintillante ballata soul di classe purissima, When I Stop Loving You, scritta da Campbell insieme alla leggenda della Stax William Bell.
Il finale è per una dolcissima Your Long Journey di Doc Watson, cantata senza amplificazione, a chiudere questa notte davanti al fienile, tra amici, simpatia e affetto. Per uno che ha suonato per anni in quella che è stata la miglior live band di Bob Dylan, in coppia con l’altro chitarrista Charlie Sexton, la dimostrazione che il cantautore americano sceglie per farsi accompagnare solo i migliori in assoluto: “Ci sono state serate” dice orgoglioso del suo contributo a fianco di Dylan “in cui facevamo davvero fuoco e fiamme”.
Ps: il nuovo disco del duo, “Contrabnd Love”, uscito negli States a fine 2017, è adesso disponibile in Italia grazie al distributore Ird, un disco ad alto tasso elettrico in cui Campbell e la Williams sono in forma smagliante. Come ha scritto l’autorevole Mojo, “The first couple of Americana”. Non perdetelo.