Guè Pequeno intervistato da Alice Castagneri per “La Stampa”, ha parlato della sua musica, inossidabile nonostante la battaglia del mondo del rap. Questa sera intanto, sarà in concerto al GruVillage a Torino, mentre domani a Collisioni. Per quanto riguarda questa estate, il suo singolo di punta è “Lungomare latino” con Willy William. Nessuna paura per la corsa al tormentone perché a sua detta, la musica da lui prodotta ha una matrice forte: “Black, hip hop o latina. Perciò mi sento legittimato a fare quello che voglio. Lungomare Latino non è un ballo di gruppo, ha una parte rap con un basso prepotente e una ritmica trap”. Successivamente il rapper, afferma anche di non essere un artista televisivo e nonostante ci vada, non è il binario che preferisce utilizzare per sponsorizzare la sua musica. Molto chiaro quando parla dei ragazzi d’oggi, più interessati a farsi un selfie con lui piuttosto che ascoltare la sua musica: “In Italia non esiste una musica per bambini, quindi i più piccoli si identificano nel rap, che come matrice culturale non sarebbe proprio adatto a loro. Oggi non ci sono più le boy band, ci sono i rapper. La classifica ormai è dominata dalla trap”.
Guè Pequeno: le frecciatine a Ghali e Fedez
Nonostante ci siano moltissimi nomi che dominano la classifica in questo periodo, Guè Pequeno non ha nessuna paura di poter finire nel dimenticatoio. “I ragazzini mi ascoltano perché faccio rap, ma non potrò mai fare i numeri che fanno quelli che hanno dalla loro parte l’esercito dei novenni. È un altro campionato, ma le classifiche sono le stesse. E questo non va”. Successivamente confessa di voler fare un disco vintage con sonorità anni novanta: “Arriverà al momento giusto!”, promette. Poi spara qualche frecciatina ai colleghi: “Ghali sta tentando di Jovanottizzarsi. Si presenta in modo diverso dagli altri rapper. Ha imparato la lezione di Fedez e l’ha riadattata per sé. E vincerà, anzi forse ha già vinto”. Ma lui promette di non cedere in quanto, non accetterebbe mai di essere “istituzionalizzato”: “Oggi si è creata una vera industria. Ci sono soldi, contratti, concerti nei palazzetti, e quindi ci sono anche artisti istituzionalizzati. È normale, lo star system è arrivato anche da noi”.