Francesco Guccini ha voluto ricordare Claudio Lolli, scomparso lo scorso venerdì a Bologna. Intervistato da Pierfrancesco Pacoda per Il Resto del Carlino, racconta cosa ha rappresentato per lui il cantautore. Nonostante non siano diventati mai amici “ci divideva l’età, lui almeno dieci anni meno, lo consideravo di un’altra generazione”, lo conosceva bene “ci siamo incontrati grazie a mio fratello, che una sera, erano i primi anni 70, ha portato questo ragazzo, dall’aria ribelle e molto di sinistra, giù nello scantinato dell’Osteria delle Dame, che allora per me era la seconda casa”. Guccini svela anche di essere rimasto molto impressionato dalle sue qualità artistiche, tanto da metterlo in contatto con la EMI che poi è diventata anche la sua casa discografica “mi sento il responsabile dei primi passi della sua carriera”. Lolli però, proprio con la EMI ha avuto un rapporto molto turbolento: “Claudio aveva una sana ossessione per l’egemonia dei padroni, da combattere a tutti i costi. E, per lui, quelli della EMI, una multinazionale, erano semplicemente dei padroni”.



Claudio Lolli, il ricordo di Francesco Guccini

Dopo il grande successo di “Ho visto anche degli zingari felici”, Claudio Lolli decise di interrompere la collaborazione con la EMI, firmando per una casa discografica indipendente, la Ultima Spiaggia, quella di Ricky Gianco e di Enzo Jannacci. Il ricordo di Francesco Guccini, prosegue: “quello che più mi colpiva, nei suoi brani, era la musica. Pura avanguardia, ricerca, sperimentazione, una capacità rara di far convivere, nella stessa canzone, il rock progressive, il folk e il jazz. Ecco, in questo era sicuramente un innovatore. Al confronto, le trame sonore delle mie canzoni erano semplicissime”. I due cantautori nel corso della carriera, hanno fatto moltissimi concerti insieme, soprattutto negli anni ’70: “Una volta a Genova eravamo in una sala con il palco stracolmo di spettatori, quasi non c’era spazio per noi che ci esibivamo. Finito il concerto Claudio, che era il proprietario della macchina con la quale saremmo dovuti tornare a Bologna, scopre che qualcuno gli ha sottratto la giacca, che aveva abbandonato in un angolo, nella cui tasca c’erano le chiavi. Momenti di panico, poi lui fa una richiesta dal palco, chiedendo se tra il pubblico c’era qualcuno capace di aprire una macchina: si fa avanti un signore che, ci spiega, è il suo mestiere. Dopo poco tornavamo nella nostra città discutendo su chi, quella sera, si era dimostrato più a sinistra”.

Leggi anche

LA STORIA/ Una sperduta libreria nel Chianti che fa fiorire le macerie di Gaza e Kharkiv