La vita di un ragazzino introverso, Danny Yzemski, in una Detroit dei primi anni settanta tra scontri razziali ed episodi di bullismo. L’inizio della prima liceo che si presenta al ragazzo ricca di insidie e di pericoli tra gli sguardi minacciosi dei compagni e gli sguardi dolci delle ragazze rivolti altrove. E ancora un padre che viene improvvisamente a mancare, una madre che perde la testa e che smette di prendersi cura di lui e la necessità di dover andare avanti da solo. 



È questo il contesto del nuovo imperdibile romanzo di Michael Zadoorian “Beautiful Music” (Marcos Y Marcos – p. 397). In realtà la protagonista del libro è la musica. La musica cercata, ascoltata e vissuta da Danny. La musica come terapia della paura, come rivalsa dai fallimenti del quotidiano e come possibilità di salvezza. 



Apparentemente inadeguato al contesto sociale, apparentemente incapace di gestire le relazioni sociali, Danny trova rifugio, sicurezza e gusto per la vita grazie alla musica. E allora la musica diventa linfa vitale da ricercare dappertutto: a casa, nel luogo di lavoro, in macchina, a scuole ma anche nei pensieri, nei sogni e nei ricordi. 

La musica del libro è bellissima anche se la Beautiful Music del titolo si riferisce, come riportato in una nota, a “quel tipo di musica banalizzata e annacquata, prevalentemente strumentale… diffusa tra gli anni Sessanta e Ottanta fino a diventare un vero e proprio format radiofonico utilizzato come sottofondo nei negozi e nei locali pubblici”. Ovvero la musica preferita dal padre trasmessa con metodo e passione al figlio Danny. Per fortuna i figli maturano i propri gusti musicali, pertanto Daniel, dopo essersi fatto le orecchie con la “musica da ascensore”, rimane presto folgorato dal rock’n’roll… e da quel momento la colonna sonora del libro diventa fantastica: Iggy & The Stoges, The WhoLed ZeppelinRolling Stones,  Allman Brothers, Fleetwood MacDeep PurpleKing Crimson e molti altri ancora.  



Nel libro, raccontato in prima persona da Danny, i passaggi divertenti sono molti e i cultori della musica rock e del vinile troveranno particolare corrispondenza con l’infanzia del ragazzino di Denver. Per Daniel la scelta del disco è un momento di puro godimento: “Prendo un disco dallo scaffale e lo tengo tra le mani, osservandolo, rigirandolo delicatamente, godendomi l’effetto, gli spigoli cellofanati che mi pungono piacevolmente i polpastrelli…”. 

Poi la corsa a casa per l’apertura del vinile che è una vera e propria esperienza mistica: “Inalo l’odore chimico di inchiostro, cartoncino nuovo e plastica…” come un rito tramandato di padre in figlio: “Prendo il disco come mi aveva insegnato mio padre, il medio puntato sull’etichetta al centro, il pollice contro il bordo lucido”. 

Infine la prova del suono: “Il click amplificato della puntina che si abbassa su un disco che ascolti per la prima volta, il leggero sfrigolio mentre la puntina scivola nel solco. Il tempo si ferma proprio lì. Finché non parte la musica. Non è più soltanto possibilità, è realtà”. Pura poesia. 

Non manca poi la musica dal vivo. Al suo primo live (concerti negli States negli anni settanta ne avevamo?!?!) dopo una lunga fila all’ingresso Daniel pianifica con un amico la strategia per prendere i posti migliori: “Tu stammi vicino e dopo il controllo dei biglietti mettiti a correre come un disperato… mi ha consigliato di puntare a sinistra perché tutti punteranno al centro”.  

Ovviamente quando si parla di musica ci sono le radio e i disk jokey, compagnia e conforto costante nei lunghi ascolti notturni (pare che in alcune stazioni radio i DJ trasmettessero tutta la notte e non fossero altrimenti impegnati in discoteca a suonare DJ set…): “Assi dell’etere che parlano lentamente, a volte farfugliano, non si preoccupano se sbagliano il titolo di una canzone o lasciano dieci temibili secondi di silenzio quasi stridente per frugare nello scaffale in cerca della copertina di un disco per leggerti la formazione del gruppo. Fanno ascoltare lati interi di dischi, se gli gira”. Fantastico. 

Eppure la musica ha una fine quando ad essa subentra il silenzio. Quando al termine della giornata radiofonica vengono sospese le trasmissioni fino al mattino seguente è proprio allora si viene a creare il silenzio, un vuoto che provoca turbamento e che terrorizza Danny in un modo così profondo che lui stesso fatica a spiegare: “Forse perché la musica mi fa sempre star meglio. Quindi una radio che non trasmette più niente, il fruscio, il silenzio, sono il contrario di suoni, vibrazioni e il benessere”. 

Un altro tipo di vuoto che lascia Danny sgomento è la dissolvenza, ovvero quando negli ultimi secondi di una canzone il volume si abbassa per poi svanire. Quando sei attaccato con il cuore talmente tanto ad un pezzo che stai ascoltando, non vuoi che quella bellezza se ne vada via. Anche questo momento viene vissuto con profonda drammaticità da Danny: “Può anche non succedere mai. O magari la decima volta che l’ascolti qualcosa scatta nel tuo cuore e una scossa di pura felicità ti attraversa, più potente di qualsiasi droga al mondo possano obbligarti a provare. È allora che capisci che ami quella canzone e non vuoi che se ne vada via”.  Tuttavia il numero degli ascolti di un brano è limitato: “Perciò quando senti l’inizio della dissolvenza sai che non potrai più sentire quella canzone nello stesso modo”. O almeno fino a quando non scopri una nuova canzone fantastica capace di rinnovare lo stupore e l’entusiasmo per superare le paure e la fragilità. 

Come è stato per il precedente libro di Zadoorian, The Leisure Seeker (In viaggio contromano), da cui è stato tratto il film di Paolo Virzí, Ella & John con Helen Mirren e Donald Sutherland, ci auguriamo che anche questo magnifico romanzo diventi presto un film. Ovviamente ci aspettiamo che le immagini siano accompagnate da una colonna sonora d’eccezione perché la musica che si ascolta nel libro è stupenda. Una musica bellissima.