Quando alcuni anni fa a Roma gli venne titolata una piazza nel quartiere della Magliana, una delle zone più difficili della città, una donna, intervistata da un quotidiano, dichiarò “Io non l’ho mai ascoltato, ma so che scriveva le canzoni per la povera gente come noi”.

Basterebbe questa frase per comprendere quanto Fabrizio sia stato importante nella storia del nostro paese. Averlo perso come amico è stata una tragedia, ma la perdita più grande è stata proprio la perdita politica.



Abbiamo perso la nostra voce, la voce dei “servi disobbedienti”, di chi è ostinato e contrario.  Da anni aveva acquisito una tale autorevolezza da essere ascoltato con rispetto da destra e sinistra. Il garbo, la compassione, il non condannare, il racconto degli ultimi, il sostegno delle minoranze, l’impegno civile, l’attenzione per “gli ignorati e i perseguitati dal potere” conferiscono alla sua opera un valore alto, politico.



Quando Fabrizio interveniva, lo faceva con l’intelligenza e l’intuito premonitorio che lo accomuna a due grandi come Pierpaolo Pasolini e Leonardo Sciascia. Anticlericale, anarchico per tutta la vita, in alcuni album come La Buona Novella o in brani come Si Chiamava Gesù cantò la figura di Cristo, con tale rispetto e ispirazione come nemmeno il più fervido credente sarebbe riuscito a fare.

Dalla scomparsa, avvenuta nel 1999, la sua figura non è stata mai dimenticata; l’attualità del suo messaggio ha continuato ad interessare e coinvolgere anche le nuove generazioni, segno evidente che, oltre alle indubbie qualità artistiche, la passione e la grande umanità della sua opera continueranno ad essere cibo per le menti di tutti quelli che marciano a schiena dritta e al di fuori dal coro.



Questa sera a Milano alle ore 21 presso la Fondazione Feltrinelli, Luigi Viva presenta il suo concerto racconto dedicato a De André