Roberto Vecchioni ha scelto il settimanale cattolico Famiglia Cristiana per rilasciare quello che si potrebbe definire uno scoop, cioè qualcosa che non aveva rivelato a nessun altro giornale. Non deve stupire, Roberto Vecchioni, seppur uomo di sinistra, ha sempre manifestato una profonda religiosità, una apertura all’altro, una capacità di dialogo che mancano a quasi tutti i suoi colleghi. Quale lo scoop? “Non pensavo più di scrivere nuove canzoni, dopo 50 anni credevo di aver già dato”. Invece poche settimane fa è uscito un disco nuovo di zecca, già esplicativo dal titolo, “L’infinito”. Un disco nato pensando a papa Francesco: “Un mio amico mi chiese di scrivere una canzone da portare a lui, l’ho fatto e da lì sono arrivate tutte le altre canzoni nuove”. L’amico non è uno qualunque, uno che al papa ci può arrivare, l’editore Arnoldo Mosca Mondadori. Quando si è messo a pensare al papa e a cosa scrivere, dice, la prima idea che ha associato a lui è stata il perdono. Purtroppo la canzone non è mai arrivata a Francesco, perché Mondadori una volta giunto a Roma l’ha persa. Allora Vecchioni l’ha usata per il disco, si intitola Canzone del perdono (“So quanto pesi dentro la tempesta quanto costi fuori la felicità, so i tuoi sospiri per tutti gli uomini l’acqua che versi per sciogliere il dolore … non c’è niente nella vita di un uomo niente di così grande come il perdono, niente di così infinito come il perdono”). Un disco pieno di spunti, meditazioni, confessioni, ad esempio sempre partendo dal perdono, il male del mondo: “L’obiezione più facile é: se Dio ha fatto il mondo allora deve andare tutto bene, i buoni devono sempre vincere sui cattivi. E invece no: per me è giusto il contrario. La nostra paura del male e al tempo stesso la nostra volontà di batterlo dimostra l’esistenza di Qualcuno che ci ha dato la libertà di dare una direzione alle nostre vite. E’ proprio il fatto che le cose siano imponderabili che mi suggerisce la possibilità di Dio”.
GIULIO REGENI E I GIOVANI DI OGGI
Nel disco c’è anche una canzone dedicata a Giulio Regeni, dove Vecchioni lo immagina per sempre bambino. Il cantautore per tutta la vita ha fatto come professione l’insegnante, prima al liceo, adesso all’università. Ovviamente conosce molto bene il mondo dei giovani e dice che quelli di oggi sono molto vispi, attenti, innamorati del mondo e allo stesso tempo fragili e insicuri. Un po’ ingenui anche: “Ma non hanno riferimenti storici, pensano che tutto sia presente, di sicuro meritano molto di più di quello che noi offriamo loro”. Si domanda come mai non scendano in piazza a protestare, forse, dice, perché la rabbia non viene incanalata in forma di aggregazione come succedeva una volta”. A differenza dei tempi del grande successo del brano Samarcanda, che parlava della morte che spezza tutto, nelle nuove canzoni Vecchioni ha una immagine più positiva: “E’ da una decina di anni che ho avviato questo percorso. Le discussioni con belle persone come il cardinale Ravasi e Carlin Petrini mi hanno aperto il cuore a una maggiore speranza. In realtà della morte mi importa poco. Anzi la considero come un bellissimo mistero perché nessuno sa quando arriverà, il contrario sarebbe terribile”.