Cinque anni fa, il 22 gennaio 2014, dopo una lunga malattia, si spegneva nella sua di Bologna Claudio Abbado (1933-2014), uno dei maggiori direttori d’orchestra italiani della metà del ventesimo secolo e dei primi anni del ventunesimo.

In questi giorni non sono mancate occasioni per ricordarlo. Alcuni teatri dove ha più operato hanno dedicato serate e spettacoli alla sua memoria. E’ stato indetto il 28 gennaio un ‘Premio Abbado per le scuole’ dal Comune di Fiesole, del Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della Musica per tutti gli studenti, dell’Associazione Nazionale Critici Musicali e del Comitato Progetto Musica.

Ero negli Stati Uniti, nella Washington dove ho vissuto quindici  anni nella mia prima carriera di servizio pubblico (alla Banca mondiale) proprio negli anni in cui il Maestro furoreggiava al Teatro alla Scala, dove era stato ingaggiato nel 1968 ancor giovane e poco noto, grazie alla preveggenza ed al fiuto che caratterizzava Antonio Ghiringhelli.

Nei miei ricordi, ne ho quattro netti associati ad Abbado. Nel 1976, bicentenario della dichiarazione d’indipendenza americana, quattro grandi teatri lirici portarono, ciascuno per due settimane, le loro produzioni a Washington (il Bolshoi, La Scala, l’Opéra di Parigi e la Deustche Oper, Berlin). Scelsero il meglio anche perché nella capitale Usa, oltre alla Washington Opera, faceva spettacolo la Washington Civic Opera ed ogni anno venivano in tournée il Metropolitan e la New York City Opera.

I prezzi erano ovviamente cari e si dovevano sottoscrivere abbonamenti molti mesi prima. In Banca mondiale dirigevo una divisione, il che mi dava una certa flessibilità nell’organizzare i viaggi. Tra le opere che portava La Scala volevo ascoltare il Simon Boccanegra diretto da Abbado, con la regia di Strehler che diventò mitica e con un cast stellare. Era opera poco nota e poco rappresentata negli Stati Uniti. Avevo un pallido ricordo di un’esecuzione al Teatro dell’Opera di Roma quando ero al liceo e troppo giovane per comprendere il dramma ed apprezzare la musica. Per ascoltare Simon diretto da Abbado, feci un viaggio incredibile: Nairobi-Roma breve sosta per la coincidenza Roma-Boston e subito dopo Boston-Washington. Il tempo per una doccia, indossare lo smoking e correre al Kennedy Center for Performing Arts. Nonostante le 8 ore di differenza di fuso orario e le circa 20 di aereo – avevo, però, 34 anni – restai incantato e da allora Simon è l’opera di Verdi che più ascolto e mi commuove di più.

Altro ricordo: Il Viaggio a Reims di Rossini a Pesaro nel 1984. Era una prima mondiale di un’opera che si riteneva perduta e che era stata allora riscoperta. Ottenni un biglietto impresa difficilissima- grazie ad un amico che aveva una carica politica a Pesaro. Restai incantato e da lì cominciò la mia lunga frequentazione del Rossini Opera Festival.

Inoltre, Elektra , opera da me amatissima, a Firenze nel 1996 a Firenze , con i suoi Berliner Philharmoniker Lev Dodin regista con David Borowski scenografo dall’altro, una compagnia di canto splendida dall’altro ancora. Il complesso del Maggio Musicale avevano minacciato uno sciopero per l’’intrusione’ dei Berliner nel ‘loro’ teatro. Uno spettacolo mozzafiato. Una grande emozione. Ne provai solo una simile ma non analoga – la chiave di lettura era differente – a Aix-en-Provence nel 2103 quando l’opera era diretta da Esa-Pekka Salonen e la regia di Patrice Chéreau.

Ultimo grande ricordo. Nella piccola Jesi nel 2010, il prologo delle celebrazioni pergolesiane con lo Stabat Mater, la ‘sua’ orchestra Mozart e due interpreti di eccezione come Julia Kleiter e Sara Mingardo.

Questi sono piccoli flash. Tra i vari libri sulla personalità di Abbado e sul suo contributo alla musica, raccomando soprattutto Claudio Abbado-Le Opere ed i Giorni di Alessandro Zignani (264 pp, € 25, Zecchini Editore). Il volume non solo percorre la vita e la carriera del Maestro, e contiene una completa discografia ed una vasta bibliografia, ma fa scoprire come sia da essere considerato come ‘l’ultimo umanista’ che attraversa la seconda metà del Novecento ed l’inizio di questo secolo con una continua visionarietà, portando la musica al centro delle arti e delle scienze come unica risorsa che ci lasci sperare nel futuro.