Che cosa ci fa un musicista cinquantaquattrenne a un concerto di musica electro-pop? Se ha curiosità e voglia di scoprire, porta a casa più di qualcosa. È quello che è successo sabato 2 febbraio al concerto di Cosmo, cantautore-dj proveniente da Ivrea che con questo concerto-festa ha concluso un anno davvero straordinario. Sì, perché innanzitutto si è trattato di una festa: non è così comune vedere un forum strapieno saltare a tempo e cantare all’unisono molte delle canzoni, parola per parola. Certo, era successo qualcosa di simile, e per due sere di seguito, qualche giorno prima con Calcutta (che fra l’altro, verso la fine si materializza sul palco, magia dell’appartenere alla stessa Tour Agency…), ma a differenza dello stile dimesso e annoiato di molto indie-pop nostrano, qui stasera c’è vitalità, energia, voglia di ballare – quasi sempre intorno ai 120 beat per minute – e anche concetti positivi. Ma ho cominciato in maniera troppo confusa, un paio di passi indietro e una mozione d’ordine.
Cosmo, al secolo Marco Jacopo Bianchi, è un cantautore piemontese che ama vestire le sue canzoni dai testi – ora introspettivi, ora di carattere più sociale, comunque molto interessanti – con un arrangiamento quasi esclusivamente affidato all’elettronica. Preceduto da un dj-set di Ivreatronic (collettivo di dj e producer fondato dallo stesso Cosmo) e dall’inutile performance soft-porn pseudo-ironica di M¥SS KETA (anche lei nel roster di DNA concerti), Cosmo si è avvalso della presenza sul palco di due percussionisti a caricare il suono massiccio e compatto dell’elettronica, capitanata da lui medesimo dalla plancia di comando.
Il primo riferimento che viene in mente all’anziano che è in me è quello agli ultimi album di Lucio Battisti, dove in tempi remoti veniva sperimentata una forma-canzone simile, affidata – in controtendenza a quello che il pubblico avrebbe voluto e in totale anticipo sui tempi – a una produzione totalmente elettronica. Ma l’ermetismo disturbante dei testi di Pasquale Panella lascia il posto, nel caso di Cosmo, a una penna pregiata, talvolta aspra, che a tratti indulge a un po’ di linguaggio della strada, ma che per la stragrande maggioranza dei testi è poetica e coinvolgente, come si vede chiaramente dal fatto che il pubblico canta a piena voce i ritornelli e non solo. È un’identificazione che evidentemente parte da un riconoscimento: i testi di questo trentaseienne (e la maggior parte del pubblico apparteneva a una fascia di età lì intorno) provocano, interrogano, non sono banali. Un esempio tratto da Regata 70, dall’album L’ultima festa, del 2016: “In te / C’è qualcosa di diverso / Qualcosa che non so / Qualcosa che non vedo / Un mistero, una foresta / Dalla terra alla mia testa / Qualcosa che vorrei / Ma non ho”. Un commento sotto il video di youtube di questa canzone recita: “La malinconia dell’inafferrabile. Le parole che non si riescono a dire, le dice Cosmo con questo pezzo”. Ma non è solo malinconia, spesso nei testi affiora la speranza, la voglia di una stabilità (Marco ha due figli), un futuro che non è solo sfiga, ma in cui è possibile costruire qualcosa. Oggi come oggi non è affatto poco.
Un altro riferimento che mi sovviene durante la serata – più vicino ai nostri tempi di Battisti, e che riguarda eminentemente lo show – è Bon Iver, artista statunitense, per la verità meno “dance” di Cosmo e soprattutto non dj, ma musicista, che fa un largo uso di elettronica e sampling, ma mai privandosi dell’apporto di una band.
Due parole per l’appunto sullo show: innanzitutto il set sul palco principale con i due percussionisti e la console di comando. Una canzone via l’altra per un’ora abbondante, poi un problema alle luci e il passaggio (comunque già previsto) a una postazione quadrata in centro al parterre, da dove Cosmo canta Esistere, bellissima canzone dedicata al primo figlio e introdotta da uno dei monologhi registrati che fanno da snodo ai vari “capitoli” della serata, monologo anch’esso molto intenso: «La certezza della fine mi rende leggero e presente. Nel 2013 sono diventato per la prima volta papà, non dimenticherò mai quel giorno. Era da un po’ che mi ci preparavo, certo in modo diverso rispetto alla mamma. Quell’esplosione però mi lasciò completamente devastato. Quel giorno ho visto da vicino l’inizio». L’intensità di questa canzone lancia poi una mezz’ora abbondante di dj-set puro che trasforma il Forum in un gigantesco club. Il ritorno al palco principale è affidato al crowd surfing, le braccia del pubblico del parterre lo fanno fluttuare fino a riatterrare on-stage e attaccare la parte finale dello show.
Ospiti nell’arco della serata Marracash, Boss Doms e Achille Lauro, il cantautore Gioacchino Turù e il già citato Calcutta. Una menzione speciale va all’imponente ed efficace light-show. Un lavoro davvero egregio quello compiuto da Christoph Schneider e dal collettivo tedesco Pfadfinderei, noti nell’ambiente per molti lavori di luci e visual estremamente riusciti, e bravissimi nella serata a risolvere un guasto tecnico che ha lasciato al buio per diversi minuti il palco principale. Durante il dj-set dal ring centrale, tutto è tornato a posto.
Insomma, in definitiva un cantautorato di qualità quello di Cosmo, espresso con un sound estremamente moderno e forse non per tutti i palati, ma sicuramente molto interessante e coinvolgente. Non dimentichiamo di ricordare che vocalmente l’artista regge, senza grandi virtuosismi che non sarebbero neanche nel suo stile, ma con un timbro ed un’intonazione assolutamente convincenti, microfono in mano e ballando per quasi tutto il tempo per due ore e mezzo. Tutto ciò è fattore aggregante di un popolo di giovani uomini e donne alla ricerca di qualcosa di divertente, ma non solo superficiale.