Dopo cinque lunghi anni Sharon Van Etten ha pubblicato il suo nuovo lavoro Remind Me Tomorrow. Le prime anticipazioni dell’album si sono avute già da ottobre quando, uno dopo l’altro, sono stati diffusi i vari singoli Comeback Kid, Jupiter 4, Seventeen da cui si è potuto subito constatare una sferzata secca di genere: riposta la chitarra tanto cara che ha marcato tutta la sua opera, emerge forte e chiaro in Remind me Tomorrow l’utilizzo più esteso di tastiere elettriche e synth. Dopo una fase iniziale di personale smarrimento, sconcerto e rigetto per quanto sopraggiunto alle mie orecchie in maniera così inaspettata e violenta, dopo diversi ascolti e soprattutto solo dopo avere ascoltato l’album nella sua interezza, sono felice di riconsiderare drasticamente le mie prime impressioni e di affermare che Remind Me Tomorrow, nella sua novità e diversità, è un album stupendo.



Riconosco di aver un debole per la musica di Sharon Van Etten, è probabilmente la voce femminile che più mi ha colpito nel nuovo millennio e questo potrebbe avermi portato ad una distorsione della valutazione per quanto il mio giudizio sia libero da ogni condizionamento. A beneficio del lettore, come si è tenuti a fare in molti contesti della vita professionale, chiarisco e denuncio la mia situazione di conflitto d’interesse: dichiaro di aver conosciuto musicalmente Sharon Van Etten, purtroppo non dai suoi esordi del 2009, ma con il suo ultimo album Are we there e solo dopo di aver ascoltato a ritroso tutta la sua opera. In aggiunta dichiaro di aver già scritto sul suo conto e di averla intervistata, tuttavia senza aver mai ricevuto demo e pre-ascolti come merce di scambio. Infine dichiaro di avere assistito al suo ultimo concerto in Italia alla Salumeria della Musica qualche anno prima che il locale milanese chiudesse i battenti in occasione del suo unico tour in Italia (buona notizia la Dna Concerti ha appena annunciato due date in Italia a luglio: Arti Vive Festival di Soliera e Sexto ‘Nplugged di Sesto al Reghena)!



Tuttavia a furia di ascolti mi sono completamente assuefatto alla sua musica e alla sua voce raffinata, traballante e malinconica tanto da apprezzare anche la sua evoluzione artistica così come presentata in Remind me Tomorrow. Non so se sia giusto dire che anche per la Van Etten, come per molti artisti prima di lei, questo sia l’album della svolta elettronica, di fatto con questo lavoro la cantautrice del New Jersey ha abbandonato la strada del folk per un sound più eterogeneo e distorto.

Cosa ha portato ad un cambiamento così repentino di genere? Cosa ha influenzato questa trasformazione così radicale dalle sonorità folk dolorose di Are we there portandole a quelle elettriche e certamente più liete di Remind me tomorrow? In questi ultimi anni nella vita di Sharon, da quando l’abbiamo lasciata in quel di Milano, sono successe parecchie cose: anzitutto la pubblicazione di un EP I don’t want to let you down con del materiale inedito “passato” che contiene comunque un paio delle sue canzoni più belle di sempre. E poi ancora gli studi per perseguire la laurea in psicologia e soprattutto i viaggi a Los Angeles per recitare nella serie TV di Netflix “The OA”, impegno divenuto stabile. Infine l’evento più importante, la maternità, un bimbo avuto con Zeke Hutchins suo batterista divenuto compagno e manager. Eppure in questo periodo frenetico non è mancato il tempo da dedicare alla musica considerato che con Remind me Tomorrow hanno visto la luce solo dieci canzoni a fronte di ben 40 demo registrate.



Nel complesso Remind me Tomorrow è una tempesta di suoni e di sentimenti in cui solo il primo brano I told you everything, toccante e delicato, fa parte del terreno già battuto ed esplorato nei primi album. Nel disco poi entra la novità, la confusione, il trambusto, che solo l’arrivo di una nuova creatura può portare nella vita di una coppia. Una novità che stravolge e sconquassa ma che paradossalmente porta ordine e definisce le priorità nelle scelte di un individuo. Uno sconvolgimento nella gestione del quotidiano e un caos nella vita domestica che si trasformano in linfa e in fonte d’ispirazione per un artista. Il disordine o nuovo ordine del disco è ben raffigurato nell’immagine di copertina: una stanza, forse un salotto, trasformato in un campo di battaglia con oggetti disseminati ovunque dove appare evidente che il padrone di casa è il nuovo arrivato (nella copertina i bambini distruttori sono addirittura due).

Remind me Tomorrow, come i precedenti, è scritto da un punto di vista personale e ci svela una Van Etten ispirata ed entusiasta in cui la paura dell’amore si trasforma in fiducia: un cuore dolente che ha affrontato la realtà e ne ha riconosciuto la bellezza. In Jupiter 4 Sharon ripete più volte “My love is for real”, qui si ritrovano le atmosfere spettrali ricorrenti nelle opere di Nick Cave. Comeback Kid è un inno grintoso e sembra un grido di battaglia; in Seventeen c’è tutta la spensieratezza, l’esuberanza e la vitalità di una diciassettenne. You Shadow è una lettera d’amore di una mamma rock in cui emerge tutta la gioia della maternità e con parole dolci Sharon sembra rivolgersi alla sua piccola creatura con tenerezza: “Follow me until you don’t know where you are” per rassicurarla e guidarla. La musica, come fonte d’ispirazione per Sharon ha radici lontane ed è stata ben puntellata grazie ai suoi genitori che le hanno trasferito la passione per Neil Young, Bob Dylan, Tom Petty e i Rolling Stones. Infatti in Malibu, la vera gemma del disco, una canzone dolce ed essenziale, la Van Etten nel testo paga tributo a dei giganti del rock “I walked in the door The Black Crowes playing as you cleaned the floor”. La sua musica però ha ora voltato pagina e si palesa in Memorial Day, Hands e Stay dove si sentono in particolare le influenze sperimentali di artisti a lei cari come PJ Harvey e i Low.

Una novità che irrompe nel quotidiano e che rimette tutto in ordine. Questo è il miracolo della vita che ha salvato anche la musicista di Clinton. Dalla musica come terapia del dolore di Are we there, le canzoni di Remind me tomorrow sono per Sharon un inno alla gioia che si riflettono in uno stato d’animo nuovo di felicità che sanno trasmettere nell’ascoltatore un frastornante senso di speranza e di positività.