Il caso di Mahmood, il cantante milanese figlio di padre egiziano e madre sarda, protagonista del recente festival di Sanremo dove ha vinto con il brano Sodi, rappresenta bene la profonda ignoranza degli italiani. Come ha raccontato lui ieri sera intervistato al programma Di Martedì, è cresciuto senza mai subire alcun atto o commento razzista: “La mia è una generazione abituata alla diversità, quando andavo a scuola c’erano ragazzi africani, cinesi, russi”. Dice di non aver mai avuto problemi. Poi la partecipazione al festival di Sanremo e l’Italia lo scopre: un ragazzo dai tratti fisici evidentemente nordafricani, dal nome islamico, che pronuncia parole arabe. Non sia mai, questi africani sono ormai dappertutto, anche a Sanremo hanno pensato gli italiani e Mahmood è obbligato a scoprire il razzismo: “Sono arrivato a 26 anni a Sanremo per sentirmi straniero” ha detto. Aggiungendo che “Prima della vittoria io non mi ero mai sentito vittima di razzismo nella mia esperienza. Dopo sono arrivati i commenti razzisti”. La sua generazione, dice ancora, è cresciuta con la mente aperta, ma ci sono purtroppo tantissimi italiani che la mente aperta non l’hanno avuta mai. Con buona pace per loro, l’Italia è comunque già un paese multiculturale dove c’è spazio per tutti, la storia di Mahmood lo dimostra.