Lo Stabat Mater, preghiera – sequenza del tredicesimo secolo tradizionalmente attribuita a Jacopone da Todi è stata fonte di ispirazione per compositori attraverso i secoli. Nel Medioevo e Rinascimento, ad esempio, ispirò Josquin des Prés, Giovanni Pierluigi da Palestrina, Roland de Lassus, nel Barocco, Alessandro Scarlatti, Antonio Caldara, Nicola Fago, Antonio Vivaldi, Emanuele d’Astorga, Giovanni Felice Sances, Domenico Scarlatti, Giovanni Battista Pergolesi, Tommaso Traetta, Agostino Steffani, Pasquale Cafaro, Nicola Logroscinoì; in Epoca Classica, Joseph Haydn, Luigi Boccherini, Antonio Salieri, Niccolò Antonio Zingarelli, Giovanni Paisiello; nel Romanticismo, Gioachino Rossini, Saverio Mercadante, Franz Schubert, Franz Liszt, Josef Rheinberger, Antonín Dvořák, Giuseppe Verdi, Andrea De Giorgi; nel Novecento Storico, Lorenzo Perosi, Karol Szymanowski, Francis Poulenc, Krzysztof Penderecki, Arvo Pärt, François Fayt, Salvador Brotons, Toivo Kuula, Zoltán Kodály; in Epoca Contemparanea, Luis Bacalov (su commissione del Teatro dell’Opera di Roma), Bruno Coulais, Karl Jenkins, Julien Joubert, Marco Frisina, Domenico Bartolucci, Franco Simone, Marco Rosano, Angelo Comisso, Stefano Lentini (che ha composto lo Stabat Mater per il film The Grandmaster del regista cinese Wong Kar-wai), Maurizio Maiorana e Alberto Schiavo.
Ho un ricordo vivido di Estaba la Madre di Luis Bacalov uno Stabat Mater moderno e laico: un prologo e nove rapide scene in 80 minuti senza interruzioni sul dramma della dittatura militare argentina tramite le vicende di quattro madri di Plaza de Mayo. La scrittura musicale è sobria; nell’organico, di pochi elementi, figurano, oltre agli strumenti consueti (per lo più archi e qualche fiato), anche quelli del folklore argentino (il soave e dolente bandoneon, caratteristico del tango). Il lavoro è del 2004.
Pochi anni prima, nel 1999, Nicola Piovani aveva composto uno Stabat Mater contemporaneo, su libretto del compianto Vincenza Cerami: il pianto di due madri (una nell’opulento Occidente il cui figlio è morto per overdose di droga, ed una in Africa a sud del Sahara, il cui figlio è stato ucciso dalla fame). Oltre ai due soprani (uno dalla tessitura tra il lirico ed il drammatico) ed uno da soul, una voce recitante. Piovani ha ripreso il lavoro, rivedendo l’orchestrazione ed ampliando l’organico e lo ha riproposto prima a Firenze e poi al Teatro dell’Opera di Roma.
Piovani è noto, principalmente, come compositore di colonne sonore e per l’Oscar ottenuto per La Vita E’ Bella. Ha, però, anche al suo attivo interessanti lavori di musica ‘alta’ o ‘colta’. Ricordo, ad esempio, EPTA, presentato nel 2010 al festival di musica contemporanea che allora si teneva ogni anno a Villa Medici: una suite orchestrale per sette musicisti che eseguono un ciclo di sette movimenti, scanditi da sette interventi di voci registrate che recitano frammenti di varia derivazione ispirati al numero sette, al suo fascino nella tradizione poetica, mitologica, biblica e nella matematica antica e contemporanea. Dai Sette contro Tebe di cui ci narra Eschilo in delle sue più affascinanti tragedie, alla danza dei sette veli trattata, fra gli altri, Oscar Wilde; dal Settimo sigillo di Bergman a Shakespeare, a Carducci. Ognuno dei sette brani ha uno strumento principale che, da prim’attore, dialoga con gli altri sei. Un piccolo capolavoro.
Meno entusiasmante La Vita Nova ascoltata nel 2015 al Ravenna Festival. Ci sono ariosi e vocalizzi di grande fascino e difficoltà, che il soprano (la Feola) cantava con maestria ottenendo una risposta entusiasta dal pubblico. Anche la scrittura strumentale (non mancano intermezzi orchestrali) è moderna più che contemporanea. Una musica accattivante con echi da musica da film. Siamo in un post-romanticismo melodico, con momenti fortemente ritmici, che ricorda le opere per il teatro di Guido Pannain (ad esempio Madame Bovary) e Roberto Rossellini (Uno sguardo dal ponte) che sono state in repertorio negli Anni Sessanta.
La Pietà è su questo filone. E’ musica squisitamente tonale in cui dominano armonia e melodia, con forti elementi ritmici ed echi di musica etnica. La voce recitante (Gigi Proietti) utilizza varie lingue (incluso il latino medioevale) e scandisce il testo come in un melologo. Il soprano (Maria Rita Combattelli) dà un’ottima prova dato che lo sono richiesti cambiamenti di registro. Molto brava Amil Stewart che conosce a fondo la parte ed ha cantato senza leggere la partitura.
Il 20 Marzo il Teatro dell’Opera era pienissimo in ogni ordine di posti. Grande successo, applausi, ovazioni. A forte richiesta, è stato bissato il duetto tra le due voci femminili in cui le due madri cantano la ninna nanna ai due bambini defunti.