Una parte di Mark Twain, una di W.C.Fields, una di icona musicale, una di professore iconoclasta. Così Peter Fish, produttore di Life is Good, film documentario dello scorso anno dedicato alla bella vita di Livingston Taylor, il quarto dei cinque fratelli di quella che a tutti gli effetti è la prima famiglia musicale d’America. E nella quale, assieme a James di due anni più giovane, Livingston è certamente il più dotato di talento, di scrittura musicale e soprattutto testuale, di performer.
Un performer naturale (Il pubblico non è il tuo problema, ma la tua salvezza),elegante, divertente e raffinato, che alle doti di multistrumentista, corde e pianoforte, unisce quella qualità vocale che è diventata, da subito, da mezzo secolo e oltre, il tratto distintivo della famiglia Taylor. Un performer che da trent’anni insegna agli studenti della Berkeley come stare sul palco, dominandone la paura con tutti gli strumenti, tecnici e teatrali, e gli skill personali. A giovarne, tra i suoi allievi, anche Gavin DeGraw, Susan Tedeschi, John Mayer.
Inevitabilmente naturale, allora, che, alle soglie del mezzo secolo di attività discografica, il primo album Livingston Taylor venne pubblicato dalla Capricorn nel 1970 (ma il suo debutto professionale su un palco risale al 1963, a soli 13 anni), il professor Taylor scelga di raccontarsi attraverso una retrospettiva, inedita, di brani dal vivo, di cui questo The Best of LIVe rappresenta un goloso prequel. Queste 11 tracce, infatti, sono solo l’anticipazione di un più sostanzioso box in uscita a maggio, 87 canzoni distribuite su 4 CD più un libro bio/fotografico e il documentario Life is Good.
La registrazione più lontana nel tempo risale al 1969, una carezzevole Good Friends, da sempre nel repertorio live ma registrata solo nel 1993 nell’omonimo album, mentre la più recente è I Asked You Once del 2003, pop song per voce e piano, un demo che suona tuttavia definitivo nella sua superba essenzialità acustica. E in mezzo, istantanee dagli anni Settanta come Going Out Of Bed, splendida happy song che riporta agli anni d’oro del Brill Building, Caroline, impetuosa in trio con pianoforte, chitarra e basso acustico, Sit On Back, che in meno di 4 minuti restituisce l’emozione di uno show di Taylor, la ballata perfetta che piace a tutte le colture dell’orto, introdotta con rilassata ironia. E poi gli anni Novanta di Bycicle registrata al Cactus Cafè di Austin nel 1996, dall’avventurosa linea melodica, e di Our Turn To Dance, che in 3 minuti e poco altro riassume, al suo meglio, l’eclettismo di uno storyteller dalla cifra artistica distintiva. Iconic folk chic.