Se “Liberi liberi” uscito esattamente trent’anni fa, nell’aprile del 1989, segna per Vasco Rossi la fine di un’era, non ne segna però l’inizio di una nuova. Nel senso che l’artista ha finito di “andare al massimo”: droga, alcol, vita pericolosa smettono di essere il contenuto delle sue canzoni, ma comincia anche una lenta decadenza artistica che si trascina ancor oggi. Benché le buone canzoni continueranno a essere pubblicate, Vasco Rossi comincia il suo percorso verso una terza età del rock innocua, priva dei fermenti e dell’antagonismo esistenziale che lo aveva caratterizzato fino ad allora. E’ anche il suo primo disco senza lo storico produttore Guido Elmi e la Steve Rogers Band al completo, nel disco infatti vi appaiono i soli Solieri e Golinelli in un brano. E’ evidente la voglia di cambiare registro in tutti i sensi, anche quello musicale. Per Vasco Rossi, come ha scritto oggi su Instagram è “il disco della mia maturità, del cambiamento (…) finita l’epoca del divertimento, della provocazione selvaggia e della Steve Rogers Band, comincia il tempo della responsabilità e della rabbia”. E’ proprio così. Come invece scrive Claudio Bardi sulla pagina ufficiale Facebook dell’artista, “Liberi… Liberi” fu certamente un disco sofferto, per Vasco che, ormai consapevole di non essere più il ragazzo ironico e irriverente di “Vita Spericolata” e di “Vado al Massimo”, aveva già smesso di sentirsi giovane, libero e un po’ pazzo per scoprirsi già disilluso, malinconico e parecchio insoddisfatto, pur avendo ancora soltanto 37 anni”. E anche questo è vero.
IL SUCCESSO NEGLI STADI
Da allora Rossi è apparso sempre più disilluso e invecchiato, non solo anagraficamente, spesso tradendo l’entusiasmo che lo animava. Normale, d’altro canto, succede a tutti i musicisti rock di perdere lo smalto. Soprattutto Vasco Rossi è diventa l’uomo delle domande eterne, a cui non riesce a dare risposta: Liberi…liberi, siamo noi / però liberi… da che cosa? / Chissà cos’è! / Finché eravamo giovani / era tutta un’altra cosa / …Chissà perché! / Forse eravamo stupidi / però adesso siamo …cosa? / Che cosa che…?”. Capisce però una cosa, che la vita la si vive solo guardando la realtà, non nascondendosi ad essa: Guardala in faccia, la realtà / è più sicura! / Guardala in faccia, la realtà / è meno dura! / Se c’è qualcosa che non ti va / …dillo alla luna / può darsi che porti fortuna!”. Il disco segna poi l’ingresso negli stadi, quell’enorme successo a livello nazionale che non lo ha più abbandonato, passando dai 10mila spettatori dei palazzotti agli oltre 80mila negli stadi. Tanto che i Rolling Stones, in Italia in quei mesi che faticavano a riempire gli stadi chiesero a Vasco di aprire il loro concerto di Torino. Lui disse no e Jagger e Richards si trovarono davanti uno stadio mezzo vuoto.