Con i Conqueror non è peccato aspettare un po’ di anni prima di avere la possibilità di ascoltarli di nuovo. Non certo per mancanza di creatività o di volontà, ma per la loro umiltà di attendere la messa in circolo dei giusti meccanismi prima di tornare insieme, reperire gli elementi idonei al progetto, registrare e pubblicare.  In questo caso si è aggiunta anche l’ulteriore necessità di imbarcare membri il più possibile stabili per dare nuova solidità all’avventura.  Simona Rigano e Natale Russo – custodi artistici del progetto – si trovano almeno due nuovi complici su cui contare sine die, da una parte il ritrovato Tino Nastasi, pregevole tessitore delle trame chitarristiche dell’epoca gloriosa di “Storie Fuori dal Tempo” e dall’altra riuscendo finalmente dopo anni di limbo, a cooptare una nuova forza creativa nel ruolo di fiatista che fu dell’eccellente Sabrina Rigano, con la giovanissima e ottima Sofia Ferraro.



Il gruppo messinese riparte così e confeziona per la terza volta un concept-album tematico “In Orbita” dedicato a un personaggio reale, ma questa volta – dopo la fotografia delle differenti epopee di Fogar e Mata Hari – con una sorta di identificazione nel personaggio prescelto, quel Jurij Gagarin cosmonauta e primo protagonista umano nel 1961 di un volo orbitale nello spazio durante il cui apice pronunciò la famosa frase “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”.  Il racconto che riveste canto e melodie del disco filtra quell’avventura in una sorta di simbiosi a doppio filo.  La narrazione inquadra quelle che erano le pure percezioni del protagonista in prossimità della futura missione, la prefigurata indagine del mondo e delle sue sfumature da un’altra dimensione, il nuovo modo di prendere coscienza delle cose al termine del viaggio.



L’interazione musica-testi di “In Orbita” ci porta in non più di sette brani e quarantasei minuti, dalle parti di un viaggio immaginario ma intimamente concreto che è la stessa band a percorrere per ricongiungersi con la sua radice prima, come a rivedere la propria identità artistica e le proprie storie fuori dal tempo da un punto di vista metafisico, per ricatturarle e renderle ancora più fuori e al di sopra del tempo.  Un disco di melodie più delicate del consueto con le escursioni elettriche relegate a brevi climax che cercano di riportare l’enfasi sulla dominante riflessiva.



E’ ciò che emerge sin dal brano di apertura “Fino al limite”.  Intro lunare e melodia vocale che abbraccia il carezzevole più che il consueto timbro etereo.  Prima Simona Rigano con il suo portamento elegante che riunisce la dolcezza elusiva di Donatella Bardi e il candore del miglior pop melodico confidenziale.  Poi entrano man mano gli altri e si scorre nell’inconfondibile trademark sonoro del gruppo.  Il canto si distende in un  riverbero stranito, l’alternanza si divide tra jazzate fasi soft e controllate altezze sinfoniche.

In cerca d’ali ritrova un altro elemento ricorrente della scrittura dei nostri, la ballata folk mediterranea qui sposata alla space-music per rivelare la nostalgia della terra e del suo calore lucente e carnale.  L’intermezzo cosmic prog riassume questa lotta tra orbita e terraferma con l’elettricità della Rigano bilanciata dalla naturalezza del flauto della Ferraro e dal rigore ferreo del  violino dell’ospite Giovanni Alibrandi.  Verso un nuovo mondo, è la percezione sospesa in attesa del volo.  Si apre con la freschezza jazz-rock di fasi corali, rotonde e cantabili tra chitarra, fiati e sax lasciando il campo al senso di abbandono verso la dimensione ignota e spopolata.  Il canto si fa emozionale e vaporoso con la chitarra di Natasi a colorare il finale senza soverchiare l’atmosfera.

In Kedr (soprannome scelto da Gagarin per la missione), la vista della terra lontanissima si traduce in una danza tenebrosa.  La magistrale sezione ritmica guidata dal batterista Natale Russo, supportato dal basso di Edoardo Ragunì, libera geometrie perentorie e scalcianti con l’organo che tinteggia crepuscolare ed esoterico.  La voce racconta sperduta tra le galassie, eterea e striata.  Le narrazioni melodiche echeggiano sentimenti antichi, passando dall’impalpabile al breve furore cosmico del synth solo della Rigano.  Il piano elettroacustico di Un disegno perfetto guida una ballata con fasi ora docili ora sostenute la cui misurata e dolce apoteosi finale segna la nuova consapevolezza vissuta dal protagonista.

E’ un disco che ancora una volta sintetizza al meglio la poliedricità e le differenti anime di una stimolante avventura artistica.  La breve marcia mattutina di 9.07 a.m. (orario di partenza della missione di un’ora e mezza) fa da preludio al finale di Star on The Moon, euro-pop bilingue orecchiabile e quasi liberatorio che accompagna l’esplorazione dell’orbita.  Tra raffinatezza, complessità e la necessaria dose di leggerezza si gode il prima, il durante e il dopo di una sfida parallela che si trasforma in un incessante dialogo tra instancabili cercatori di bellezza e verità.

 

I Conqueror presenteranno in concerto il nuovo album “In Orbita” Sabato 25 maggio 2019 nell’ambito del Verona Prog Fest al Club Il Giardino di Lugagnano.