Esattamente 25 anni fa, il 5 aprile del 1994, in un’altra epoca e in un altro mondo, moriva Kurt Cobain. Ai Nirvana e al suo leader sono bastate un centinaio di canzoni per entrare nella leggenda del grunge e della musica in generale. Quel gruppo di geni ha rivoluzionato per essere il mondo delle canzoni, regalando uno stile sia sonoro quanto estetico e di vita, che poi verrà imitato da numerose altre band negli anni successivi. Kurt Cobain moriva di eroina, in una casa degradata di Seattle, ad appena 27 anni, la stessa età in cui persero la vita altre leggende della musica come Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin e successivamente Amy Winehouse. La band si formò nel 1986, quindi nell’89 il primo album, Bleach, seguito da Nevermind, arrivato con l’ingresso ufficiale di Dave Grohl, e da In Utero, l’ultimo capolavoro dei musicisti di Seattle. Non molti sanno che Cobain ha rischiato di morire in Italia: il 2 marzo del ’94, poche settimane prima del suo decesso, andò in overdose presso l’Excelsior di via Veneto a Roma. Il cantante venne portato al Policlinico Umberto I, e dopo trasferito all’American Hospital, dove si riprese dopo un giorno di coma. Cobain era in compagnia della storica moglie, Courtney Love, che dichiarò pochi giorni dopo che quello era stato un primo tentativo di suicidio del marito: morì poco più di un mese dopo. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
KURT COBAIN, 25 ANNI SENZA IL CANTANTE DEI NIRVANA
Kurt Cobain, 25 anni dal giorno della sua scomparsa. Il 5 aprile del 1994 il leader dei Nirvana, una delle più importanti rock band di tutti i tempi, venne ritrovato morto nella sua casa di Seattle, probabilmente a causa di un colpo di fucile autoinflittosi. La teoria del suicidio, avvalorata anche dalla lettera lasciata da Kurt alla moglie Courtney Love e alla figlia Frances Bean, non ha mai convinto tutti i fans che quella mattina di un quarto di secolo fa sono rimasti gelati dalla notizia della scomparsa di Cobain. Una tragedia che ha segnato anche la carriera dei Nirvana, immediatamente scioltisi col batterista Dave Grohl che ha avuto poi successo come frontman dei Foo Fighters e il bassista Kris Novoselic che ha portato avanti i suoi progetti solisti. L’eredità di Kurt Cobain è stata enorme nel mondo della musica, considerando l’impatto che hanno avuto i Nirvana su una scena musicale che si era fossilizzata sulle sonorità anni Ottanta. E’ stato il grande ritorno del rock, della formula chitarra, basso, batteria e voce che ha dato vita all’epopea del grunge, alla quale hanno partecipato altre band leggendarie come i Pearl Jam e gli Alice in Chains.
KURT COBAIN, UNA CARRIERA TORMENTATA
Kurt Cobain è nativo di Olympia, nello stato di Washington, ma è nella capitale Seattle che il mito dei Nirvana si è alimentato fino a raggiungere tutto il mondo. Per Kurt gli inizi con i Nirvana (con Dale Crover alla batteria prima dell’arrivo di Dave Grohl) sono stati problematici, con il primo album “Bleach” mal distruibuito pur rivelando già il potenziale del gruppo. La svolta è arrivata nel 1992 con l’uscita del disco più famoso dei Nirvana, “Nevermind”, prodotto da Butch Vig. Cobain raccontò sempre di aver scoperto il successo del disco mentre la band era il tour, senza rendersi inizialmente conto della popolarità che i Nirvana erano riusciti ad ottenere. Per quanto riguarda il successore di Nevermind, ovvero “In Utero”, Cobain decise di disattendere le aspettative portando alla luce un disco non commerciale, dalle sonorità molto ruvide, ottenendo comunque un ottimo successo di vendite, seppur non gigantesco come quello di Nevermind. Ma la vita privata del cantante diventava sempre più tormentata: dal matrimonio con Courtney Love alla dipendenza dall’eroina, che lo porterà di fatto all’epilogo fatale.
LA LETTERA D’ADDIO
Furono infatti i tentativi di disintossicazione a portare Cobain alla depressione e alla fine al suicidio, avvenuto il 5 aprile 1994 nella sua villa a Seattle. Il suo corpo venne scoperto da un elettricista arrivato nella proprietà per svolgere dei lavori. L’ultimo saluto dei fans avvenne durante una veglia in cui venne letta la lettera d’addio in cui Kurt Cobain spiegava le ragioni del suo estremo gesto. Tra i suoi passaggi più significativi si poteva leggere: “Io non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole. Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento il maniacale urlo della folla cominciare, non ha nessun effetto su di me, non è come era per Freddie Mercury, a lui la folla lo inebriava, ne ritraeva energia e io l’ho sempre invidiato per questo, ma per me non è così. Il fatto è che io non posso imbrogliarvi, nessuno di voi. Semplicemente non sarebbe giusto nei vostri confronti né nei miei. Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al 100%. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo. (…) Non posso sopportare l’idea che Frances diventi una miserabile, autodistruttiva rocker come me. Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano. (…) E non ho più nessuna emozione, e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.”