L’avevamo lasciata sulle note di Puccini ad aprire il Festival di Sanremo, trampolino di lancio di un disco dedicato alla lirica e chiamato “Sulla tua bocca lo dirò”. Mina è tornata con un album di brani inediti: “Facile”, uscito a fine ottobre e anticipato dal singolo Il frutto che vuoi. Abbiamo chiesto un giudizio su questo lavoro a Marco Mangiarotti, vicedirettore de Il Giorno, critico musicale del QN e giudice nel talent show di Maria De Filippi, “Amici”.



Come hai trovato questo nuovo album di Mina?

Anche se il singolo Il frutto che vuoi non mi aveva colpito particolarmente, questo disco mi ha sorpreso. Secondo me è uno dei suoi migliori album di inediti, pur tra luci e ombre.

Quali canzoni sono riuscite a stupirti?

Sicuramente Adesso è facile, scritta da Manuel Agnelli (Afterhours) e cantata in duetto con Mina. Una canzone importante, una delle più belle degli ultimi anni, nella sua semplicità e nella sua essenzialità. Manuel la canta benissimo, addirittura meglio di Mina, che intelligentemente sembra lasciare all’autore tutta la scena.
Il coinvolgimento di Boosta (Subsonica) con la sua Non ti voglio più, anche se non è un capolavoro, è un ulteriore segno del grande lavoro di scouting che Mina porta avanti da anni.



Mina sdogana la musica alternativa?

Non è questo il punto. La musica “alternativa” è viva e non ha bisogno di legittimazione, né Mina ha bisogno di dimostrare ancora qualcosa. Stiamo parlando di un’artista spesso prigioniera del suo mondo, a volte meraviglioso, a volte meno, capace però di dialogare con musicisti dalle storie diverse. Indubbiamente sa scegliersi dei compagni di viaggio con grande intelligenza artistica. Sono scelte importanti, più frequenti altrove.

Un esempio?

Pensiamo a Juliette Greco e quindi a una generazione precedente quella di Mina, quella della grande canzone d’autore francese della rive gauche anni Cinquanta. Il fatto che sia tornata sulla scena con un album nel quale collaborano tutti i migliori giovani autori della scena francese dà la cifra dell’atmosfera e della scena culturale di un Paese, al di là degli schemi.



Tornando ai lati positivi del disco. Ci sono altre perle?

 

 

La ballata Con o senza te (cofirmata dal nipote di Mina, Alex Pani) è una delle cose più belle dell’album. Tra gli autori meno noti invece scelgo Ma c’è tempo di Angelosanti, Morettini e Cenci.

Hai parlato di luci e ombre. Quali sono le note dolenti?

Tra le cose che non mi hanno entusiasmato direi Volpi nel pollaio, il classico brano dal testo fintamente pimpante, surreale e ironico che rischia di rimanere a mezza via. I due brani di Malgioglio, Questa vida loca e Carne Viva, sulla musica di Cespedes e Castellari. Malgioglio rimane un buon autore, ma il suo mondo riesce raramente a toccarmi. Da ultimo, 4 canzoni affidate a Mingardi mi sembrano troppe. Con tutta la simpatia per Andrea, a volte presume troppo e corre il rischio di rinchiudersi in un mondo e in un’epoca ormai chiusa, che per amore, continua a citare e a ricordare, col rischio di annoiare.

Tra le sue canzoni cosa salvi?

Il blues Non si butta via niente e il gioco jazzato di Più del tartufo sulle uova, perché sono i pezzi meno citazionisti e quelli che permettono a Mina di divertirsi. Lei ha sempre gradito passare dal registro alto a quello basso con leggerezza.

Mi pare comunque che i lati positivi prevalgano. Lo ritieni un grande album?

Direi di sì. Mina per ragioni editoriali ha sempre creduto nel lavoro di scouting di cui parlavamo prima, anche se con risultati altalenanti. Per motivi di fiducia, amicizia, o anche solo pigrizia, invece, il sistema dei produttori dei cantanti ha sempre continuato a far lavorare più o meno le stesse persone. Qualcuno si stava addirittura convincendo che non ci fossero più autori in Italia, ma non è così. È indubbiamente il momento di rilancio dei giovani autori, anche grazie alla rivoluzione portata da ciò che molti snobbano e considerano il segmento più basso della produzione discografica: i talent show.

Quali altri segnali positivi di questa rivoluzione hai colto?

Vedi dei giovani autori che faranno parlare di sé in futuro? Basta guardare a “X-Factor”, che con Giusy Ferreri ha dimostrato come un team di livello internazionale possa lanciare un interprete interessante e vendere centinaia di miliaia di copie. Mi sembra davvero importante che invece “Amici” abbia deciso di invitare autori meno noti o addirittura sconosciuti, a inviare i propri brani. È un bel segnale contro le difficoltà che un buon autore incontra quando prova a farsi conoscere. Se dovessi fare un nome, dico Federica Camba e Daniele Coro. Giovani, bravi, in quest’ultimo anno hanno editato ben 42 canzoni. Sono, a mio parere, i migliori autori del nuovo pop italiano.