Prendi un interprete di qualità, mettilo in un locale dall’ottimo cartellone artistico e dalla pregevole resa acustica, circondalo di musicisti di spessore, dagli una scaletta di successi, registra il tutto: stai certo che ne esce un buon disco live. Questo, fino a un po’ di tempo fa, accadeva soprattutto negli States, a Londra o ad Amsterdam, al Marquee, al Paradiso o al Beacon Teahtre. Oggi, finalmente, anche l’Italia è palcoscenico di certe magiche serate.
Nel caso del “Live in Blue Note” (Nar International, 2009) di Luca Jurman, gli ingredienti ci sono tutti: bella location, band impeccabile, pubblico caldo, alcuni ospiti (ma senza esagerare). Dopodiché tutto ruota attorno – e questo è il nocciolo – al binomio interprete-canzoni. E qui il celebre Jurman (inutile dirlo: maestro della voce di “Amici”, programma che personalmente preferirei dimenticare, ma non si può avere tutto dalla vita) dimostra un paio di buone qualità: un controllo invidiabile della proprio voce e una scelta da brividi di classici della soul music e del pop.
Il buon gusto non è da tutti, mai darlo per scontato, quindi quando il quarantaduenne Luca decide di confrontarsi con il repertorio di Stevie Wonder, che è il suo autore di riferimento, già strappa l’applauso, figurarsi poi quando le interpretazioni intense di Superstition e Signed sealed delivered, I’m yours (quest’ultima con quel portento vocale che risponde al nome di Alexia) svettano per pulizia e virtuosismo. Grande feeling anche nelle versioni di classici come Knock on wood, I heard through the grapevine, Easy e How sweet it is to be loved by you (in formato lento e ritmato), o nella rilettura acustica di With or without you di casa U2 come in quella corale ma più standard di No woman no cry.
Un disco di classici soul oriented non poteva dimenticare quel capolavoro assoluto che è Georgia on my mind ed è una buona scelta, ripagata con brividi e calore; il non scontato per fortuna è dietro l’angolo, e sbuca con le buone versioni due brani italiani firmati da Jurman e Gatto Panceri (Ogni notte) e nel successone 2008 di Mario Biondi (This is what you are), inevitabilmente meno baritonale dell’originale. Continua…
Jurman canta, suona, ma soprattutto arrangia. E qui la sua predisposizione a dilatare e rilassare diventa la nota distintiva. Come dimostra alla perfezione la battistiana E penso a te, che è un lungo e discreto monologo per voce e pianoforte, prima dell’intro di tromba e band, in un clima da notte in un club metropolitano (come d’altra parte è il Blue Note…) che farebbe godere Isaac Hayes. Forse il momento più intrigante dell’intero doppio album.
Disco di suoni rilassati, dicevo, di carezze acustiche anche quando il suono punta al rhyhtm’nblues, dove nulla graffia, nulla c’è di abrasivo: per i rocckettari e gli amanti del soul originario potrà essere troppo vellutato e morbido, per tutti gli altri potrebbe essere una sorpresa, anche perché Luca Meneghello (chitarre), Dino D’Autorio (basso), Carlo Palmas (tastiere) e gli ottoni Comoglio e Moretto, fanno un lavoro con i fiocchi.
Se il disco fosse americano, sarebbe un successo planetario, invece Jurman è di Milano. Soul-jazz, vocal-pop, easy-rhyhtm’nblues: anche i meneghini possono farcela.