Che dire di un disco che si apre cantando: «Certo che le circostanze non sono favorevoli, e quando mai, bisognerebbe…/ bisognerebbe niente/ bisogna quel che è/ bisogna il presente»(Cronaca montana)? Che dire di un cd che prosegue narrando «Indifferenti al mistero/ che ci nutre e ci avvolge/ schiavi delle voglie/ sensibili e patetici/ immersi in mesti tormenti/ tra prevenzioni e aggiornamenti/ fecondi d’aborto e/ democratiche soluzioni eutanasiche» (Cronaca del 2000)? Che dire, se non “ascoltare”, spiazzato, incuriosito e affascinato?



Sono le prime domande che sorgono ascoltando e riascoltando “Ultime notizie di cronaca” (Mercuri-Universal) dei P.G.R. (Per Grazia Ricevuta) cioé Giovanni Lindo Ferretti, Gianni Maroccolo e Giorgio Canali.
Per me, lo dico personalmente, l’avventura di Giovanni Lindo Ferretti parte con l’impatto dei suoi CCCP sui miei vent’anni anni, quando da anarcoide ascoltavo Emilia Paranoica e Juri spara, quando il loro punk estremo da teatro dell’assurdo riusciva ad estrarre una provocazione umana come Madre, la più grande preghiera della canzone italiana cantata da un ensemble di estremisti post-comunisti: «Madre di Dio e dei suoi figli/ madre dei padri e delle madri/ Madre… oh madre mia, L’anima mia si volge a te».



Poi, con il dissolvimento della grande Russia sovietica e dei suoi kolchoz, anche la band seguì il corso della Storia diventando CSI, Consorzio Suonatori Indipendenti. E qui la mia storia professionale – ero diventato giornalista de Il Sabato – si incrocia con la storia artistica di Ferretti.
Andai a Saint Jean du Doigt, sul capo di Finisterre, dove i CSI stavano finendo di registrare “Ko De Mondo”, disco grondante di dolore per la rappresentazione della morte e dell’incapacità di costruire un solo brandello di positività (sembra Ibsen) manifestata nella sanguinaria guerra nei Balcani.



Ferretti (con cui in intervista conversavo di Testori e Celine, Pasolini e Gramsci) era ancora in coppia con Massimo Zamboni e aveva scoperto la feconda compagnia di Maroccolo e Canali (che di quel disco fu autentico mago dei suoni e delle distorsioni). Poi venne “Tabula Rasa Elettrificata”, “In quiete” e “Linea gotica”, e poi ancora gli altri esperimenti di Litanie e dei P.G.R. (“D’anime e d’animali”). Più tardi Lindo ha scritto “Il Reduce” (2006), ha partecipato al Meeting di Rimini, ha scritto del suo riavvicinamento al cristianesimo. E ora questo disco di “cronache”.

Un disco che può stordire, sorprendere, sfiancare. Un colpo basso. Nove canzoni: aspre o tenerissime (Cronaca filiale, dedicata alla madre malata), una ragnatela di citazioni o di provocazioni bifronti come Cronaca settimanale che alterna l’assurdo del tutto-senza senso al sensato della preghiera.

Gli impegni del disco sono oggettivamente distribuiti: Lindo Ferretti alle voci e autore dei testi, Canali e Maroccolo alle musiche, ancora Canali alle controvoci e alla produzione complessiva.
Da tre così non ci si può attendere qualcosa di canticchiabile, nulla di facile, nell’ascolto, ma queste Cronache non toccano estremismi sonori: non ci sono le chitarre aggressive e fisiche marchio di fabbrica di Giorgio Canali, attento più che mai alle tessiture e ai campionamenti; non c’è l’urlo selvaggio e pietoso cui ci ha abituato Lindo da trent’anni.
Su tutto gronda un possente lavoro di Maroccolo sulle tastiere e sui loop e sulle atmosfere che fanno di “Ultime notizie di cronaca” un disco di autunno e di intensità intima, di confessione e di approfondimento. Un disco di poche melodie memorizzabili, di tante armonie al servizio della voce e della parola.

Un disco, comunque, che quando afferra la melodia la celebra in modo intensissimo e stupefacente, come in Cronaca settimanale, quando il dispiegamento di «rosa, ocra, viola, l’ora che tutto è preghiera, l’ora che ora, l’ora che in terra scolora» diventa uno dei momenti più belli e lirici. Ma dunque, di che disco si tratta? Di un disco reale, concreto, fisico, carnale (come ogni disco di Giovanni Lindo). Se qualcuno scrive che è un prodotto mistico-spirituale onestamente non credeteci: è un modo per metterlo nella nicchia dei sensibili alle questioni d’anima.

È un disco di presente che urge, di realtà stolta e ignobile, di drammi inevitabili, di uomini in cerca, di mistero che tutto pervade. Un disco unico. D’altra parte quando ci si confronta con il tappeto elettronico e le chitarre lontane e aspre di Cronaca divina, con Giovanni che intona «Mentre una scintilla/ instilla d’acqua e sangue/ feconda la storia/ piaghe e gloria/ piaghe e gloria, il mio Signore muore sulla croce/ … è la vita che vive/ cioè che la precede/ la segue e sopravanza/ non una sentenza, ma il Mistero/ l’amore/ il bello/ il vero/ chi sono io, se tu ti curi di me?/ Eli Eli lama sabactani», la percezione che ne ho (ebbene si) è che forse nessuno fino ad ora era arrivato qui, a questo livello della vita raccontata in musica. Né Dylan, né gli U2, ne Cohen, ne Nick Cave. «Chi sono, se tu ti curi di me…».