E’ la mattina del primo gennaio 1953. Una mattina grigia, fredda a Oak Hill, sperduto paesino della Virginia Occidentale. Un uomo che indossa un elegante cappello da cowboy esce barcollando dall’Andrew Johnston Hotel. Si dirige verso una macchina, una Cadillac. Un ragazzetto di 17 anni gli apre la porta della vettura e lo fa salire. È il suo autista. L’uomo entra, si butta sul sedile posteriore, si cala il cappello sugli occhi e ricomincia a dormire. Il volo che doveva portarlo quel giorno a Canton nell’Ohio è stato cancellato per il maltempo. Ci penserà la vecchia Cadillac a portarlo a destinazione, pensa mentre chiude gli occhi. Quegli occhi, Hank Williams non li aprirà mai più. Alcune ore dopo, verso sera, l’autista si accorge che il suo passeggero non risponde alla sua voce. Guarda da vicino: è morto. Prima di uscire dal suo hotel quella mattina si era iniettato una dose di eroina, di cui faceva uso da tempo. Hank Williams era il più popolare e amato cantante della country music dell’epoca, una super star.
Da qualche tempo il vizio dell’alcol e della droga lo avevano allontanato dalla grande ribalta, si era ridotto a esibirsi in scalcinati locali di provincia. Aveva 29 anni, poco più dei Jim Morrison, i Jimi Hendrix, Janis Jolpin, Kurt Cobain, Amy Winehouse, quelli del “club dei 27”, le rock star morte alla stessa maledetta età. La sua ultima canzone, con amara profezia, si intitolava I’ll Never Get Out of This World Alive, non uscirò vivo da questo mondo. Hank Williams, di fatto, è stata la prima rock star, ma non perché ha inaugurato la scia dei morti per droga, ma per la qualità immensa delle sue canzoni che sopravvivono tutt’oggi come alcuni dei massimi capolavori della musica americana moderna e la cui influenza è stata decisiva sulla musica rock a venire.
Con una carriera cominciata a fine anni 40, Hank Williams in pochissimi anni ha posto le basi della moderna canzone d’autore rock, quella che prende ispirazione dal patrimonio popolare nord americano, la country music, ma sviluppa dinamiche e tensioni moderne e biografiche. Le sue canzoni hanno interpretato tutto lo spettro della profondità umana: amore, solitudine, disperazione, religiosità. Hank Williams si allontana in modo inconsapevole dal senso di comunità che fondava l’America di allora per incarnare la nuova solitudine della vita moderna: l’incapacità a mantenere rapporti affettivi duraturi, l’orrore delle metropoli, la fine del mondo contadino, il tutto a base di melodie di bellezza travolgente. Fu una star, fu il protagonista di programmi radiofonici che ai tempi avevano l’impatto della moderna televisione, da un angolo all’altro dell’America: senza di lui, impossibile pensare ai vari Bob Dylan o Bruce Springsteen.
In quella Cadillac quel primo gennaio 1953, oltre alla sua chitarra, Hank Williams aveva anche un notebook, un quaderno su cui prendeva appunti per le sue nuove canzoni. Nel baule della vettura c’era infatti un baule e dentro una borsa ricamata in pelle marrone. Dentro, pagine di testi di canzoni e idee musicali. Quel notebook è scomparso e riapparso più volte negli ultimi decenni, in modo misterioso. Finalmente ci ha messo le mani sopra Michael McCall della Country Music Hal of Fame che al proposito ha commentato: “La storia dei notebook di Hank è così complesso come la leggenda stessa. Eppure, alla fine, ciò che più conta sono le canzoni, e queste sorgere di nuove opere dall’etere con rilevanza spettrale. Come per i suoi molti standard, queste nuove registrazioni toccano direttamente l’anima dell’uomo”. Oltre a lui ci ha messo le mani uno dei massimi fan di Hank Williams, Bob Dylan, che una volta aveva detto: “Le canzoni di Hnak Williams sono la mia religione”.
Presi quei testi, Bob Dylan ne ha tenuto uno per sé e gli altri li ha dati ad artisti di cui sapeva di potersi fidare, tra cui Holly Wuilliams, la nipote di Hank.
Il risultato è il disco “The Lost Notebooks of Hank Williams” dove tredici artisti hanno musicato appositamente tredici testi di canzoni di Williams rimasti senza musica. Il risultato è un affascinante viaggio all’indietro verso quei giorni dei primi anni Cinquanta quando la musica country diventava fenomeno di massa.
Bob Dylan, Jack White (ex White Stripes), Norah Jones, Lucinda Williams, Patty Loveless, Levon Helm (The Band), il figlio stesso di Bob Dylan, Jakob, Sheryl Crow sono i protagonisti di questo affascinante lavoro discografico. E ancora: la leggenda Merle Hagagrd, Alan Jackson, Holly Williams, Vince Gill, Rodney Crowell. La cosa riuscita è che nessuno tenta di imitare lo stile inimitabile di Hank Willaims: ognuno fa la musica che ha sempre fatto, i cui legami con quella di Hank sono però inevitabili, mantenendo puro lo spirito di una visione della country music onesto e ricco di battiti di cuore. Finalmente, più di sessant’anni dopo, quella Cadillac ha terminato il suo viaggio e anche Hank Williams, crediamo, può riposare in pace. Non è possibile uscirsene da questo mondo da vivi.
The Lost Notebooks of Hank Williams EPK from Columbia Records on Vimeo.