La possibilità di intervistare Red Ronnie mi capita all’improvviso, sono felice ma allo stesso un po’ spiazzata perchè un incontro del genere avrei voluto prepararlo per tempo. L’occasione è però di quelle che non si possono perdere: stiamo parlando di un personaggio che in questi anni ha riempito la sua cassaforte di esperienze e tesori legati al mondo del rock e della musica in generale.
Caro Red, come nasce il progetto di una TV alternativa realizzata con i dvd di Roxy bar?
Nasce, purtroppo, dall’impossibilità di fare buona televisione all’interno dei canali tradizionali. Quando il fiume in piena trova un ostacolo cerca vie alternative!
Il 17 Ottobre 2008 in Piazza Duomo a Milano hai inaugurato la mostra “Rock ‘n’ Music Planet”, aperta fino al 15 Marzo 2009. Com’è nata quest’idea?
Ho sempre raccolto i cimeli del rock, che per me non sono solo cimeli, ma “emozioni”. L’idea della mostra è una conseguenza di tutto il materiale prezioso collezionato. Prezioso a livello emotivo, storico e anche economico.
Cosa ha voluto dire per te collezionare questi oggetti?
Colleziono di tutto da sempre: disegni, giornali, testi, jukebox, strumenti musicali, foto, spartiti, locandine… e devo ammettere che questo rappresenta per me sia una passione che una “deviazione”, ci si ritrova a stare male quando manca un numero di una certa rivista…
Qual è il cimelio più prezioso e a cui sei più legato personalmente?
Una cosa intima di Jimi Hendrix che non ho inserito nella mostra. Per il resto sono tutti oggetti per me molto importanti, come ad esempio la lettera scritta e firmata da John Lennon in cui dichiara la fine dei Beatles, il grande piatto o le ghiande della pace di John Lennon, Mick Jagger disegnato da Andy Warhol…
Come è nata la collaborazione con l’artista Marco Lodola e le sue “luminose”?
Lodola è sempre stato nel mondo della musica. L’ho conosciuto per la prima volta tramite i Timoria ma poi ancora con Jovanotti e Max Pezzali. Ho sempre desiderato avere le sue opere luminose sulle icone del rock, ma essendo pigro non lo faceva mai.
Con la mostra è partito a una velocità incredibile e ha iniziato a produrre. È andato oltre ogni aspettativa: il rock è colore, luce e suono. Ha dato colore e luce a documenti importanti.
C’è un artista o una canzone che usavi sempre per aprire le tue trasmissioni radio?
Le canzoni sono tante. Sono un fan di Jimi Hendrix, a mio parere un’icona del secolo scorso, anche se ancora sottovalutata.
Sono poi legato a canzoni come Bandiera gialla e Be bop a lula, che sono state anche sigle dei miei programmi. A proposito dei programmi, non sono invece particolarmente legato a “Una rotonda sul mare”, perchè a mio parere non rispettava l’aspetto umano degli artisti. Tornando alle canzoni, amo tutte le sigle di Roxy bar: Uno in più di Maiocchi cantata da Lucio Battisti, L’ombelico del mondo di Jovanotti, Canzoni al cielo di Mologni, Do It dei Datura, e poi Guantanamera, Mi ritorni in mente (dell’omonimo programma Rai), C’è chi dice no, Yesterday…
La filosofia della canzone è importante. Spesso la canzone non dà solo il titolo al programma, ma l’intero senso. La filosofia di Roxy bar era quella di Vasco: «e poi ci ritroveremo come le star…».
Fra i grandi personaggi che hai conosciuto chi ti ha maggiormente colpito?
L’intervista piu bella che ricordo è stata con il pittore William Congdon. Un grande artista che morì una settimana dopo. È come se avessi incontrato il suo spirito. Mi ha lasciato una testimonianza incredibile su come si possa accettare la morte, cosa che oggi sembra impossibile.
Ricordo anche le due ore in video con Fidel Castro.
Tra le grandi star del rock: Mike Jagger e Paul McCartney… ma anche ad esempio i documentari dei viaggi in Africa della Moratti o l’intervista a Enzo Gragnagniello, un artista napoletano.
Mi sono sempre piaciuti i veri artisti, non i ragionieri dello spettacolo.
A proposito di Paul McCartney, si è appena dichiarato il vero ideologo dei Beatles. Cosa ne pensi?
Un conto è quello che ha detto veramente e un conto ciò che è stato riportato. Lo incontrai tempo fa mentre era sotto l’attacco dei giornali per quello che avrebbe detto su John Lennon.
Mi confidò di non aver parlato male del compagno, si era limitato a dire che era un essere umano come noi e che a volte giocava a comandare. Non doveva insomma essere considerato un santo solo per il fatto che fosse scomparso e credo che se fosse ancora in vita gli darebbe ragione. Ormai, comunque, credo solo a ciò che sento direttamente da una persona.
Tra i musicisti italiani chi è stato in grado di tenere alta la bandiera del rock?
Per il rock sicuramente Vasco. Aggiungerei Bennato, anche se non viene identificato col rock, perchè nato nell’era dei cantautori.
L’ultimo libro di Gino Castaldo afferma che il rock non ha più niente da dire. Parla di tabula rasa e della necessità di ricominciare da zero. Cosa ne pensi?
È sicuramente una frase d’effetto. Non si costruisce sul niente. Non si può far crescere niente nell’aria, solo sulla terra attraverso il seme.
Hai detto che secondo te non esiste musica di serie A o di serie B, ma solo musica che dà emozioni e sensazioni. La pensi ancora così?
Erroneamente si crede che le emozioni che può dare Jimi Hendrix siano valide mentre quelle che regalano i Take that, Duran Duran siano per persone sottosviluppate. Io invece ho sempre dato spazio a tutti, dal rock dei Cure e dei Sex Pistols alle canzoni dei Backstreet Boys e delle Spice Girls.
Ogni volta che una canzone aiuta a superare un momento di difficoltà di qualcuno diventa importante. Non è valida, a mio parere solo la musica degli artisti intellettuali: oltre a De Andrè c’è anche Little Tony. La musica è un’emozione importante che tocca il cuore.
Cosa ascolti in macchina?
Ascolto molta radio, il disco di Erica Mou e un cd dei Coldplay in versione cubana. Poi U2, Sting e altri come i Rhythms del Mundo.
Cosa ha ancora da dire la Musica Rock?
Il Rock ha compiuto 53 anni ed è nato nel 1955 con Rock around the clock (nella mostra museo è presente il contrabbasso suonato da Bill Haley), canzone che ha rivoluzionato i gusti dei ragazzi contrapponendo genitori e figli. Prima infatti ascoltavano la stessa musica. Dopo 53 anni ha di nuovo unito le generazioni. Alla mostra padri e figli vengono insieme.
Cosa pensi della radio di oggi?
La radio che si ascolta oggi non la sopporto, manca di creatività e usa la musica per vendere pubblicità. L’obiettivo principale è infatti “portare” il pubblico facendolo sopravvivere, tenendolo attaccato fino al prossimo spot.
Oggi le radio si vantano di trasmettere solo grandi successi mentre prima i grandi successi li creavano.
(Gloria Anselmi)