Sei anni dopo l’uscita dell’album “D’Anime e d’animali“, ennesima rottura col passato o, più semplicemente, ulteriore passo nel cammino interiore di Giovanni Lindo Ferretti, esce l’ultima fatica dei P.G.R., (Per Grazia Ricevuta): “Ultime Notizie di Cronaca”. Ex CCCP, ex C.S.I., l’irriducibile “reduce”, come si è definito nel suo omonimo libro autobiografico, ha ancora molto da raccontare. Di sé, del mondo e di Dio.
“Ultime notizie di cronaca”: perché questo nome per l’ultimo album della vostra avventura?
Questo disco contiene notizie tristi, preoccupate, ma anche serene e piacevoli. Quello che mi preoccupa, più del cambiamento climatico del mondo che nessuno determina e governa, è lo stato di salute del genere umano, che si autodetermina sempre di più.
Io campo di parole e la forma letteraria che più mi appartiene è la cronaca alla maniera medievale, una mescolanza di piccoli accadimenti quotidiani, grandi sconvolgimenti sociali, il succedersi delle guerre, delle stagioni… Questo è il mio modo di rapportarmi al mondo che si legge nei miei testi, che hanno trovato una convergenza con la musica di Gianni e Giorgio. Io ho fatto mia la loro musica, loro hanno accettato le mie parole.
Dopodomani il disco diventerà pubblico e non lo ascolterò mai più, ma trovo che ci sia un grande equilibrio. È la lode che posso cantare oggi rispetto alla mia esperienza, in corso.
Come è nata l’idea di questo disco?
Devo dire in maniera molto strana: per onorare un contratto del millennio e del secolo scorso, giugno 1997. Tra l’altro chi volle questo contratto non c’è più. Ma quando firmi un contratto devi risolverlo: è un problema di onore, oltre che di onere.
Ero preoccupato, perché non ho mai fatto un disco senza ritagliarmi uno spazio fuori dalla vita quotidiana e in funzione del disco. Questa volta non era possibile, perché da un anno e mezzo la mia vita è determinata dalla malattia di mia madre. La sorpresa meravigliosa è che contiene il miracolo della vita: in base alla sola volontà non si sarebbe potuto fare, poi invece il lavoro riesce e ne emerge tutto il valore.
Gianni Maroccolo e Giorgio Canali, i miei co-autori, dicono che è il disco più bello in vent’anni che lavoriamo insieme. Io che non sono musicista, penso che facciamo sempre lo stesso disco, comunque tendo a dargli ragione.
Non c’è solo preoccupazione quindi in questa cronaca?
C’è la meraviglia della vita che riesce a nutrirsi delle cose che non immagineresti mai fino a quando non accadono: questo vale per i terremoti e per le malattie, per le disgrazie e le grazie, che fanno tutte parte di questo dono che possediamo.
Nei miei testi emerge questo, anche se mi è stato fatto notare che le parole sono molto forti, radicali.
Più che in D’anime e d’animali?
Penso di sì, anche perché sono passati degli anni. Questo lavoro non è stato falsato come D’anime e d’animali, che venne realizzato a Londra, in uno studio lussuosissimo che non aveva niente a che fare con noi.
Questo album è stato fatto da tre persone, con i loro mezzi, senza aiuti esterni. La copertina l’ha fatta mia nipote…
È un pezzo della nostra vita, un lavoro che arriva dopo trent’anni di dimensione pubblica e ne rappresenta una chiusura molto onorevole.
Nel precedente lavoro veniva messa a tema la preoccupazione per l’Islam, per la guerra… in questo nuovo disco qual è il tema centrale?
Ci sono nove cronache sia personali che di carattere pubblico. Una di queste si chiama Cronaca divina ed è la mia professione di fede, che finisce in un piccolo canto, una piccola parte del Te Deum, il Sanctus, così come lo canto nelle mie preghiere private. L’ho cantata agli altri e l’hanno apprezzata tantissimo. Me l’hanno restituita sotto forma di canzone.
Questo brano non ha creato problemi nemmeno a Giorgio, l’ateo dei tre, che anzi ne era orgoglioso.
Dopo questo disco hai in mente come scrittore un’altra opera letteraria, dopo il successo di “Reduce”?
Sì e si chiamerà “Bella gente d’appennino”: una serie di piccoli racconti e di pensieri sui tagliati fuori della storia contemporanea: gli abitanti della dorsale di questo strano Paese che si chiama Italia.
Pur non avendo più la libertà delle mie ore e delle mie giornate, dopo questo disco, so che riuscirò a finire il libro.
(a cura di Raffaele Castagna)