Quando l’artista già conosciuto come Cat Stevens ha iniziato il suo recente tour dalla Arena O2 di Dublino, probabilmente pensava che la famosa “Irlanda del benvenuto” sarebbe stata comprensiva per i possibili inconvenienti propri di una prima. Se è così, si è sbagliato, perché invece di un caldo benvenuto si è trovato di fronte a una accoglienza che ha minacciato di volgere al peggio.



La prima parte dello spettacolo è stata una mescolanza di brani di Cat Stevens e Yusuf ed è stata ben accolta. Dopo un intervallo, tuttavia, Yusuf si è messo in secondo piano rispetto a un gruppo di cantanti attori che hanno incominciato a rappresentare un estratto dal suo prossimo “Moonshadow: The Musical”, che comprende diversi pezzi famosi di Cat, tra cui Matthew & Son, Father and Son e Wild World.
A mano a mano che i vari brani venivano riconosciuti, una minoranza degli spettatori ha cominciato a protestare: alcuni si sono diretti verso l’uscita, sono cominciate urla, fischi e battimani di derisione. A un certo punto, e avrebbe potuto essere perfino comico con un’altra atmosfera, uno ha gridato: “Suona Peace Train, f****** b******!”



Alla fine, Yusuf si è arreso, ha annunciato un altro intervallo e ed è tornado subito dopo per cantare un’apprezzabile serie di vecchie e nuove produzioni, incluse Peace Train e Moonshadow. “Adesso capisco come si deve essere sentito Dylan” ha osservato rassegnato. Malgrado la confusione che si è creata al momento dell’improvvisa interruzione della parte dedicata al musical, è risultato chiaro che questa seconda parte era già prevista nel programma, tanto più che nel bis finale è salito sul palco un eroe locale, il cantante dei Boyzone Ronan Keating, per salutare Yusuf e cantare con lui Father and Son (I due avevano già duettato in questa canzone qualche anno fa).



I contestatori hanno fatto un gran rumore, anche se non erano certamente la maggioranza, e non si possono definire teppisti, come qualcuno ha fatto. Il pubblico sembrava in gran parte di mezza età e ben messo, chiari reduci dei giorni della pace e dell’amore alla ricerca di una rivisitazione di qualche nostalgica esperienza degli anni Settanta. Per molti quel periodo è legato alla musica di Cat Stevens. Continua…

 

 

È da far presente che molti spettatori sono rimasti indignati dal comportamento dei contestatori e, dopo lo spettacolo, mi hanno detto di essere mortificati. Uno mi ha scritto qualche giorno dopo: “Il comportamento di una parte del pubblico ha ricordato quello che ci si può aspettare ad un concerto degli Oasis o di Pete Doherty. Ci si poteva aspettare di meglio da un gruppo di ultracinquantenni: le interruzioni sono intollerabili e andarsene da un concerto un grave insulto a un artista, soprattutto del calibro di Yusuf. Si è vista un’immaturità che dimostra una terribile incapacità di comprensione".

Yusuf ha dichiarato di essere rimasto “fortemente scioccato” da questa scomposta reazione. Qualche giorno dopo, sul suo blog, ha cortesemente cercato di attribuirla alla delusione per il risultato della partita di rugby giocata quel giorno contro l’Australia. “La tendenza di alcuni ad affogare un immeritato pareggio in qualche gallone di Guinness… ovviamente non aiuta”, ha detto. Per fortuna lo spettacolo non si è tenuto  nei giorni in cui la nazionale irlandese è stata eliminata dalla Coppa del Mondo dal gol di mano di Thierry Henry! Altri commentatori hanno messo l’episodio in relazione al clima diffuso di malcontento per le gravi difficoltà economiche.

Occorre ricordare, però, che la musica pop è generalmente fissata con la gioventù, non solo come età cronologica, ma anche come idea guida della cultura contemporanea, per la quale l’umanità ha il suo picco nella giovinezza per poi declinare verso la disperazione.
Yusuf offre una versione diversa, cioe che la musica pop debba crescere insieme all’esperienza dei suoi artisti e del suo pubblico.
È senza dubbio un’esperienza ascoltare una bella canzone cantata bene dall’artista che l’ha scritta; ma altro è ascoltare una grande canzone cantata da uno che ha vissuto la vita e ne ha affrontato il logorio. E ancora meglio se la canzone in questione è una bandiera dell’età d’oro del pop e il cantante stesso la canta con l’aurea voce di quell’epoca scomparsa.

Qui può esservi uno spunto per spiegare quanto successo a Dublino. Un pubblico venuto per rivivere la propria venerata giovinezza si è trovato di fronte un artista che invece è andato avanti, che ha cercato di usare la sua grandezza classica per dire cose nuove, e non solo per riscaldare vecchie risposte.Continua…

 

 

Yusuf ha detto che preferisce far parlare le canzoni. “Si può discutere con un filosofo, ma non si può discutere con una bella canzone. E penso di avere alcune belle canzoni”. Tuttavia, molto di quanto è negli ultimi suoi album, "An Other Cup" (2006) e Roadsinger di quest’anno, è molto meno conosciuto e quindi meno stimolante per il pubblico dei classici successi di Cat Stevens degli anni Settanta.

È interessante che Yusuf non presenti nessuna delle canzoni di Cat Stevens che, per quanto bella e popolare, possa essere in contrasto con le sue attuali convinzioni, come per esempio Oh Very Young, che parla di reincarnazione. Tuttavia, Yusuf dice di non aver problemi con il bagaglio di Cat Stevens: “Per molti, questa è l’etichetta più conosciuta e perciò non sono contrario. A molti questo ricorda qualcosa cui loro vogliono restare attaccati. Quel nome è parte della mia storia e molte delle cose che ho sognato come Cat Stevens sono diventate vere come Yusuf Islam”. Nel dicembre 2006, in Sunday Morning sulla CBS, disse di An Other Cup: “Sapete, la tazza è lì per essere riempita… con qualunque cosa voi la vogliate riempire. Chi vuol cercare Cat Stevens probabilmente lo troverà in questo disco. Se volete trovare (Yusuf]) Islam, andate un po’ più a fondo e lo troverete".

”Qualcuno vede dell’ironia nel fatto che Morning Has Broken rimanga un preferito delle masse popolari cattoliche, ma forse l’ironia è semplicemente nelle orecchie di chi ha pregiudizi. Yusuf definisce un musulmano come uno che venera un solo Dio e così riconosce il vero ordine dell’esistenza: “Non ci sarebbe l’Islam se non ci fossero stati il cristianesimo o l’ebraismo, perché è una sola lunga linea di rivelazione”.

Ma ci può essere un altro e più profondo collegamento tra la fede di Yusuf e l’accoglienza a Dublino, una tesi sottile e non provabile, ma che vale la pena di esaminare. È interessante notare che, se è stata applaudita una battuta su Bush detta nel corso del racconto delle sue esperienze con il governo degli Stati Uniti, le canzoni che ha scritto dopo essere diventato musulmano non sono state così ben accolte. La gente era preparata a sostenere Yusuf dal lato politico, ma non da quello spirituale.
La mancanza di famigliarità con la nuova produzione musicale non spiega da sola la reazione che vi è stata, che sembra pescare più al fondo, forse nel volersi aggrappare a un’idea nostalgica di Cat Stevens diversa, e forse opposta, a quanto il pubblico stesso ha capito voleva comunicare Yusuf Islam. Continua…

 

 

La religione è sempre più percepita dalla cultura occidentale post-cristiana come un distintivo di identità tribale, un rifarsi a concezioni più primitive della realtà, un rifugio contro la paura dell’ignoto, o forse solo una vuota superstizione. La cultura popolare occidentale rifiuta sempre più di riconoscere che ciò che viene chiamato religione è un’espressione della parte più profonda della nostra umanità, la parte che resta cosciente del nostro esser stati creati, della nostra dipendenza, della nostra mortalità. Forse solo gli artisti che mantengono una coscienza di questo possono essere definiti davvero artisti e tenere aperto il canale della verità è più importante della bandiera sotto la quale un artista viaggia.

L’islam, tuttavia, rimane per la cultura occidentale una cosa diversa. In parte questo è dovuto alle azioni violente di estremisti che pretendono di agire in nome di Allah, ma in parte deriva dall’ampliarsi del divario tra cultura popolare e religione. Benché la musica pop moderna discenda dal matrimonio tra musica gospel e blues, l’elemento religioso è stato largamente espunto dalla moderna sensibilità pop, forse in modo più deciso in Gran Bretagna e in Irlanda che negli Stati Uniti.

Così, si produce inevitabilmente una tensione tra quello che, in termini di mentalità, è un pubblico post-cristiano e un artista che professa una profonda fede in Dio. Il pubblico di Dublino era visibilmente a disagio durante l’esecuzione delle nuove canzoni di Yusuf, la maggior parte delle quali intrise della devozione che lo ha assorbito per trent’anni. Più volte un pesante mormorio ha accolto il suo annuncio che avrebbe cantato “una canzone dal mio ultimo disco”.

È normale che si venga a un concerto con delle aspettative, ma non lo è cercare di imporre a un artista di comportarsi come una macchina da karaoke e insultarlo se non ci sta.
È difficile immaginare un atteggiamento simile verso Bob Dylan o Van Morrison, entrambi noti per irascibilità e scarsa condiscendenza per le aspettative del pubblico, né che qualcuno avesse potuto urlare a Bob Dylan: “suona Mr. Tambourine Man, f****** b*****”. Continua…

 

 

Viene suggerito quindi qualcosa di più profondo, forse il risentimento perché il genio evocativo di Cat Stevens è stato in qualche modo deviato da questo intenso personaggio che cerca di dire al pubblico che le canzoni così amate per tanto tempo contenevano un significato della realtà più profondo. Per quanto una moda in Occidente possa appoggiare a parole l’Islam, questa fede è trattata in realtà con un grado di condiscendenza perfino maggiore di quella riservata alle forme più semplicistiche del cristianesimo evangelico. Per un occidentale e, ancora peggio, per un’icona della rivoluzione della musica pop occidentale, sfidare l’ideologia della libertà con cui si concepisce l’Occidente rappresenta una minaccia per una cultura sempre più insicura di se stessa, mentre ci stiamo avventurando nel secolo più pericoloso della storia.

Il pubblico si è quindi sentito in un certo modo offeso dall’insistenza implicita di Yusuf sul fatto che le canzoni influenzate dall’Islam avessero un valore almeno pari a quello della colonna sonora della gioventù del pubblico stesso.
La “defezione” di Cat Stevens per l’Islam ha profondamente inquietato certe componenti del mondo pop: la sua rinuncia a tutto ciò che costituisce l’essenza stessa della musica pop è sentito come una minaccia ai valori dell’individualismo e alla concezione di libertà dell’Occidente. Gli spettatori speravano che, attraverso la riproposizione dell’esperienza pop della loro gioventù, un redivivo Cat Stevens potesse anche rassicurarli su questi valori, in una specie di ritrattazione della sua precedente rinuncia.

Lungi dal capitolare di fronte al pubblico, Yusuf ha continuato secondo le sue intenzioni ed è sembrato quasi divertito nel tenere in sospeso il pubblico con le sue aspettative. Alla fine di Peace Train, la sua prima canzone dopo l’intervallo, ha gridato “Grazie e buonanotte!”, allontanandosi dal microfono, per poi scoppiare a ridere: “Ho scherzato!” Modi ironici, quasi alla Woody Allen. Continua…

 

 

Sull’esperienza dublinese ha scritto nel suo blog: “La mia voce non sembra cambiata, e questo per molti fan è già un dono di Dio. Ma aspettarsi che non avrei cantato le nuove canzoni tratte dai miei due ultimi album, cui ho dato molta attenzione e cura, e chiedere invece un teletrasporto dal passato del personaggio Cat Stevens, è più di quanto si possa immaginare”.

Il profeta rinnegato ha rifiutato di ritrattare. Yusuf porge la sua tazza di saggezza e così facendo apre un nuovo atto nel dramma della musica pop. Ma sta imparando che vi è chi preferisce continuare a bere ciò a cui si è abituato.