Giudicare il giudice, bella roba… Parliamo di Enrico Ruggeri, uno degli insindacabili di “X Factor”, che dopo un po’ di anni di assenza, nostra, dal suo live show, ritroviamo attaccato a una chitarra e a un’asta di microfono: finalmente non in uno studio tv.
E ci piace, ci piace quel suo rock rude, quel suo cantare teso, quei suoi versi d’amore adulti, la chitarra del fido Schiavone alle spalle, la band moderatamente cattiva, la padronanza antica del palcoscenico.
“Vivi”, “Portiere di notte”, “Il mio onore”, “Neve al sole”, “Marta che parla con Dio”, “Giorni randagi”, “La notte delle fate”, “Rock show” (ci ricordiamo giusti i titoli?) e tante altre canzoni del tour “La ruota”, quello in cui la scelta fra ben 29 dischi la fa il caso guidato, come l’altra sera al Manzoni di Milano per le ultime date, da mano amica.
E va bene così, il corpus ruggeriano è ormai una nobile biblioteca di cose bellissime e correnti, popolari e più segrete, per un pubblico di fedelissimi e di curiosi. Quando il rock italiano aveva ragioni poetiche e sociali, quando glamour voleva dire personalità difficili e la parola cantata aveva ragioni e classe da vendere.
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Salgono e scendono tanti amici come Nicola Savino, tanti ragazzi di "X Factor", arrivano vecchi hit come "Nuovo swing", "Polvere" ancora bellissima con quel "non mi cercare, e non mi riconoscerai", "Il mare d’inverno", ridipinta di rock psichedelico, "Quello che le donne non dicono" festeggiata come un inno dolce ed avvolgente, "Poco più di niente", "Contessa", "Mistero" portate ad alta temperatura rock.
Tanta roba, tanti anni di canzoni, e una naturalezza sul palco conquistata una volta per tutte. Enrico Ruggeri cantante, autore personale, rockettaro di vaglia, scafatissimo entertainer che sa la sua misura e il suo spazio. Ci mancava, ci eravamo distratti. Forse per colpa della sua, e nostra, tv.