È stato un vero successo il debutto romano del Quartetto Aviv, formazione israeliana che dal 1997, anno della sua fondazione, è andato imponendosi come uno dei grandi e virtuosi gruppi da camera della scena musicale internazionale contemporanea.
Con il Quartetto Aviv l’Accademia Filarmonica Romana ha inaugurato la serie di concerti “Con Schubert. Inseguire la felicità”, ciclo con il quale la Filarmonica vara anche la nuova collaborazione con il Teatro Argentina, importante e storico spazio teatrale romano, dove hanno luogo oltre ai concerti dedicati a Schubert anche altre importanti produzioni della sua stagione.
Il Quartetto Aviv ha al suo attivo un lunghissimo elenco di premi prestigiosi – come l’Amadeus Quartet Prize – e si è esibito in tournée in tutto il mondo ospite delle più importanti istituzioni musicali, festival e teatri. Di recente ha suonato alla Carnegie Hall di New York, all’Auditorium del Louvre a Parigi e alla Wigmore Hall di Londra. Nei prossimi mesi apparirà presso la Royal Festival Hall, sempre a Londra, il Concertgebouw di Amsterdam, l’Opera di Colonia e Monaco di Baveria. Il 6 febbraio del 2011 sarà nuovamente in Italia, a Messina, prima di tornare per una serie di concerti negli Stati Uniti.
Sergey Ostrovky e Eugnia Epshtein (violini), Nathan Braude (viola) e Aleksandr Kramouchin (violoncello) hanno eseguito, magistralmente, il Quartettsatz (Movimento di quartetto) in do minore D 703 (1820) e il Quartetto per archi n.15 i sol maggiore D 887 (1826) di Franz Schubert e di Dmitrij Sostakovic (1906-1975) il Quartetto per archi in fa maggiore n.3 op.73 (1946).
In queste impegnative partiture il Quartetto Aviv ha suonato con raffinatissimo equilibrio strumentale ed espressivo esprimendo un suono di grande limpidezza e rotondità. La sintonia ritmica era perfetta con un incredibile controllo dei pianissimo. E l’impasto timbrico del Quartetto Aviv è assai particolare e affascinante determinato, probabilmente, anche dalla scelta della viola esterna.
Le due partiture schubertiane della serata hanno svelato, in una interessante contrapposizione, due aspetti della complessa personalità del compositore austriaco: la travolgente e perfetta incompiutezza del Movimento di Quartetto e l’”impazienza” che attraversa i quattro movimenti del Quartetto n.15 in cui si alternano luci e ombre, il senso della felicità come quello della disperazione, in continui cambi di ritmo con la voce dominante del violoncello.
A completare il programma del concerto del Quartetto Aviv, come dicevamo, la partitura di Sostakovic temporalmente e culturalmente lontana da quelli di Schubert ma, invece, vicinissima per le profonde istanze esistenziali che vi sottendono.
La musica da camera era per Sostakovic il suo rifugio segreto, l’ambito nel quale il compositore russo era e si sentiva completamente libero di esprimersi senza dover tener in conto il Regime – egli era figlio di quella Rivoluzione nella quale aveva d’altronde creduto – tanto da scegliere di ritardare deliberatamente la pubblicazione di parte dei suoi quartetti. Sostakovic ha composto ben quindici quartetti, la più corposa produzione in questo ambito tra i musicisti del Novecento.
In quello che è diventato una sorta di concerto nel concerto, grazie a una originale iniziativa della Filarmonica Romana, la musica di Schubert è stata poi rivisitata in una inedita e assai accattivante trasfigurazione realizzata dall’Over(fu)ture Trio Project. I tre giovanissimi musicisti di questo Trio hanno proposto, nel corso dell’intervallo del concerto e nel foyer del Teatro Argentina, un remix del Quartettsatz. Con sonorità elettroniche e nuove cadenze ritmiche Schubert è diventato contemporaneo, affascinante musicista del Terzo millennio.