Era già successo che i Marta sui tubi suonassero in un luogo insolito: tre anni fa fecero due date (Marta sui ghiacci) in un igloo della Val Senales a 3.200 metri sul livello del mare, utilizzando strumenti fatti di ghiaccio.

Niente male per dei siciliani che, per loro stessa ammissione, a malapena avevano confidenza con la neve. Ma del resto i Marta sui tubi con i concerti hanno costruito la base del loro successo: è così che si sono fatti conoscere e apprezzare dal pubblico, girando l’Italia fino a farsi notare come uno dei più interessanti gruppi dell’universo indipendente italiano. Ed è così che due anni fa sono riusciti a dar vita a una propria etichetta (Tamburi usati).



Oggi la loro scommessa è unire diverse forme d’arte in quella che, con il nome di “Arte sui tubi”, viene appunto presentata come un’esperienza artistica a 360 gradi: tre date (c’è ormai tempo solo per l’ultima il 29 maggio a Pisa) in cui la musica riempie spazi in cui sono presenti installazioni e opere d’arte. Un’occasione per scaldarsi prima dell’inizio del loro tour ufficiale e dell’uscita del loro prossimo album.



Ed è così che il 6 maggio i Marta sui tubi si sono presentati alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano in mezzo alle opere di Ars (Artist in residence show). Vicino a queste apparivano le tre chitarre di Carmelo Pipitone, esposte ancor prima del concerto. Poi la voce calda di Giovanni Giulino ha cominciato a raccontare una storia che ha fatto da fil rouge di tutta la serata: un girasole storto che non aveva mai visto il sole, ma che scoprendo il senso del dono riuscirà a raggiungere l’obiettivo della sua esistenza. Ma per sapere come, è stato necessario attendere le varie fasi del concerto, quasi diviso in atti.

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Ad aprirlo Non lo sanno e poi spazio alle prime canzoni che, ha spiegato Giulino, da tempo non venivano suonate. C’è stata anche l’occasione per presentare alcuni inediti, oltre all’ultimo e recentissimo singolo Senza rete. A chiudere la serata è stata Post.

Circa due ore di concerto, che non sono bastate per riproporre tutto il loro repertorio. In mezzo incursioni di lirica e teatro, oltre alle diverse puntate della storia del girasole storto. Ma il vero punto forte è stata la location. Il palco non c’era. Era il pubblico a disegnare a proprio piacimento la platea, tranne quando è stato chiuso in un vero e proprio cordone via via sempre più stretto aspettando che Giulino lo slegasse con l’augurio che la musica possa liberare “anche le vostre anime”.

Ma la band non era concentrata in un’angusta area, anzi era addirittura a “due piani”. Lo spazio della Fondazione Pomodoro ha permesso a Ivan Paolini (batteria) e Paolo Pischedda (tastiere) di essere più in alto di tutti e dal lato opposto a quello del resto della band. Uno stratagemma per rendere l’idea dei 360 gradi, ma non solo.

Senza palco, senza tutti gli elementi in front, lo spettatore poteva quasi passeggiare per lo spazio espositivo accompagnato dalle note dei Marta, come se stesse guardando una mostra accompagnato dal suo iPod. E anche un modo per essere più costretti all’ascolto senza dar troppo peso ai musicisti, distribuiti in punti diversi.

 

 

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Spazio poi per i virtuosismi da live, come quando si è scatenata una sfida tra la chitarra di Carmelo Pipitone e il violoncello di Mattia Boschi: i due strumenti si sono rincorsi, inseguiti, alternati, per poi giungere all’unisono.

È certo difficile rinchiudere i Marta sui tubi in una definizione di genere musicale. E basta dare uno sguardo all’eterogeneità del pubblico che li segue per capirlo. Sono forse diversi ingredienti a creare un mix capace di piacere alle più svariate persone: abilità musicale (la stessa voce di Giulino può considerarsi uno strumento), scarsa ripetitività, testi che vanno dal serio al faceto e, soprattutto, voglia di innovare.

Per i Marta sui tubi anche questo tour è una scommessa. Mi auguro che anche loro la ritengano vinta. Certo, di strada ne hanno ancora davanti, ma il loro segreto è proprio quello di immaginarne e batterne di nuove, senza bisogno di stare a ruota di qualcuno.

(Giorgio Allegri)