BON JOVI LIVE IN LONDON – “The Next station is greenwich north”  annuncia lo speaker  della tube.  Eccoci,  siamo arrivati, usciamo dalla metro e siamo davanti a l’O2 Arena. Beh, che  dire?  amore a prima vista  per il nuovo tempio della  musica di Londra  inaugurato nel 2000.
Stuttura imponente, fantastico il viale che porta dalla tube dritti dentro nel suo cuore. Sarà perché stasera sono di casa i Bon Jovi, sarà  perché la struttura è modernissima e piena al suo interno di negozi, ristoranti, pub di ogni tipo  che  per un attimo  mi è sembrato di essere negli States!



Il concerto inizia puntuale alle 7.30 con Mr. Kid Rock from Michigan e subito ci accorgiamo dell  alta qualità  acustica  della  struttura… wow, stasera potremo goderci al meglio lo show degli “Jersey Mates“ . 
Ci siamo le  luci si abbassano  ed ecco partire un intro incalzante quasi con toni alla “Rocky“ che con belle immagini su ben cinque maxi-schermi  accompagna l’ingresso sul palco della band.



Giù il sipario e si parte,  back to the Ottanta con Blood on Blood seguita immediatamente da  We Weren’t  Born to Follow, primo singolo dell’ultimo album dei Bon Jovi, “The Circle” (2009), You give love a bad name e cominciamo ad apprezzare i cori perfetti della band. Si prosegue  con  Born to be my baby, sempre una garanzia dal vivo e l’O2 Arena si surriscalda. Bellissimo il solo di Richie Sambora, un po’ penalizzato dall’equalizzazione non proprio perfetta sulla sua chitarra, che lo ha accompagnato per quasi tutto il concerto.

John Bon Jovi  ha una sorpresa per il pubblico inglese: questa sera annuncia che canterà il prossimo pezzo con un suo carissimo amico, Bob Geldof. 
Sir Geldof sale sul palco in gran forma accompagnato da un autentica ovazione del pubblico londinese. Bellisima la versione di I don’t like monday  (cover dei Boomtown Rats) che Bon Jovi&Gedolf  ci regalano questa sera.



 

È la decima data di giugno per i Bon Jovi all’O2 Arena puntualmente sold out  per ogni esibizione. John Bon Jovi chiede  se  c’è  tra il pubblico “qualcuno“ che ha già visto una delle precedenti  nove serate. Mezza arena grida e alza le mani…! 
Per noi londinesi  abituati  a un’ equalizzazione all’inglese  e band rigorosamente britanniche  la differenza con il sound dei Bon Jovi  è chiara ed evidente.

Il suono è pulito i Bon Jovi sono una macchina  live perfetta. Bad madicine intervallata dalla cover di Rod Steward Hot legs e  quella  degli Isley Brothers, Shout!, è un pezzo live travolgente,  necessario a questo punto stemperare un po’ gli animi con la ballad Love’s the only  rule, uscita di scena dello “Jersey boy“ e palco tutto per Richie Sambora che  prende il centro della scena  e interpreta da voce solista Lay your hands on me

John Bon Jovi torna e il concerto riparte  prima con  la bellissima Bed of Roses, cantata almeno un tono sotto la tonalità originale (gli anni passano per tutti) e poi con due versioni di These days e Someday I’ll be saturday night con tutta la band originale (John Bon Jovi, Richie Sambora, David Bryan e Tico Torres)  in assetto acustico e in piedi sul piccolo palchetto quasi al centro dell’arena.

Sentiamo tutta la potenza della band quando parte il ritornello di  It’s my life, decisamente il pezzo più bello dei Bon Jovi dal 2000 a oggi. Keep on faith chiude  il concerto, lungo scalpitio del pubblico ed ecco per il gran finale Damned, tratta dall’album "These Days".

 

La bellissima Wanted dead or alive, con superbo solo di Sambora pieno di armonici  taglienti  che finalmente  riecheggiano perfettamente equalizzati  nell’arena. Gran finale con Livin ‘on a prayer, degna conclusione  di più di due ore di grande rock american style.

I Bon Jovi  in più di venticinque anni di carriera hanno venduto qualcosa come 120 milioni di dischi  nel mondo. Questa sera abbiamo apprezzato tutta la loro esperienza live, la capacità di interagire con il pubblico e coinvolgerlo sempre in maniera genuina e diretta.
La sua voce forse non è più quella di un tempo, ma gli perdoniamo volentieri se qualche volta evita di cantare qualche  Si alto o qualche Do “di petto “.

Richie Sambora  si conferma una  delle  migliori “spalle“ del rock: chitarra  di grande personalità, backing vocals di grande fattura e una voce tenorile con toni scuri  davvero invidiabile.