Nella cornice davvero rilassante ed accogliente della Corte di San Domenico, un cortile seicentesco nel pieno centro di Lodi ho assistito a uno dei più bei concerti dell’estate 2010.

Protagonista in scena è stato uno dei pochi autentici grandi della nostra musica, Mauro Pagani, autore e polistrumentista che ha lasciato la sua firma sugli anni migliori della Premiata Forneria Marconi, su prodotti indimenticabili della discografia di Fabrizio de André (è lui il produttore di Creuza de Mà) e più in generale su una visione matura e internazionale della musica italiana, mai come con lui aperta alle più disparate suggestioni etniche.



Serata intensa per le sonorità ricche e mai prevedibili, per la calda voce di Pagani, per il suo trascorrere quasi casualmente da chitarra a violino, da flauto a mandola. Serata intensa anche per la scelta imprevedibile dei pezzi in scaletta: invece che restare nel solco delle proprie cose, Pagani – che da anni alterna l’attività di musicista a quella di arrangiatore e produttore.



Ha creato un proprio studio di registrazione, Officine meccaniche, dove vanno a registrare molti dei migliori di oggi e di quelli che “funzionano”, da Baustelle a Nina Zilli – ha alternato cose italiane e capolavori altrui, navigando con eleganza da Looking for someone, un titolo dell’acerbo e già meraviglioso Trespass dei Genesis, a Luglio, agosto, settembre nero, anthem a firma Area, passando per Moonchild dei primissimi King Crimson di Robert Fripp.

Ovviamente nella serata c’è spazio per la produzione di Pagani, con alcuni pezzi celebri di Creuza de mà (su tutti una versione splendida di Sinàn Capudàn Pascià), E Ti amo in questo istante, traduzione italica di una canzone del russo Vladimir Vysotskij già presentata lo scorso anno al Club Tenco e l’intensissima e sincera Domani, la canzone incisa con il meglio dei cantanti e musicisti italiani per le genti terremotate di L’Aquila.



 

 

Commovente (almeno per me) risentire la riproposizione di Europa minor, brano tratto dal primo disco solista di Pagani, un titolo d’atmosfera mediterraneo maghrebina che già conteneva il futuro mezzo rock italiano, visto che la sua prima registrazione coinvolgeva Pfm, Area (Demetrio compreso) e Canzoniere del Lazio, in un anticipo di quel supergruppo dalla vita brevissima che furono i Carnascialia di Pasquale Minieri e Giorgio Vivaldi (band folkrock eccezionale che – guarda caso – vidi per la prima e unica volta nella piazza del Mercato di Lodi, nel 1978).

 

La formazione con cui si è presentato Pagani in scena a Lodi (e che lo segue nella sua torunée estiva) s’è arricchito in alcuni brani della voce del cantante woolof Badara Seck (che ha inciso il suo primo Cd, Farafrique, proprio negli studi del polistrumentista italiano), senegalese dalla vocalità prorompente e controllata, che ha aggiunto al suono già così convincente dello show una nota d’altri mondi e d’altri orizzonti.

 

Divertente il finale, con Pagani che didascalicamente introduce “mi piace sempre terminare uno show con un titolo nuovo, un pezzo appena scritto…”, parole che lasciano il pubblico al giro d’arpeggio iniziale di Impressioni di settembre, capolavoro in quel capolavoro che è il disco d’esordio della Pfm. Serata da ripetere mille volte, potendo.

 

Serata perfetta nel trittico gratuito La corte in festa che ha portato nel centro lombardo anche Vincenzo Zitello (uno dei più grandi arpisti viventi), l’ucraino Vladimir Denissenkov e Davide Giandrini, il miglior discepolo di Giorgio Gaber e del suo teatro-canzone.

 

Tutta l’Italia è zeppa di festival, concerti, rassegne e concertini. C’è chi cerca di fare le cose in grande: la Corte in festa di Lodi è esempio del “piccolo di enorme sensibilità”. A volte basta poco…