“Divertitevi, se potete”. Un consiglio o forse una speranza: tant’è che la prima chiosa di Fabio Fazio nella settimana del Festival, del suo Festival, tradisce la realtà di un clima particolare rispetto agli ultimi anni. Di calma assordante, forse. O di inquietudine, dipende dai punti di vista. E se le polemiche canore, per ora, si sono solo fermate alle reiterate lamentele di Anna Oxa per la sua esclusione “politica”, qui, di politico, sembra esserci ben altro. La preoccupazione per una kermesse “left-oriented”, come se fosse la prima volta che un comico anti-Berlusconiano si affaccia sull’Ariston, stride con altri generi di preoccupazioni, decisamente più pratici e sensati: dalla doppia sala stampa (il “roof” del teatro per gli “eletti”, il Palafiori per tutti gli altri) si leva il dubbio (comprensibile) che il doppio brano per cantante possa appesantire la fluidità dello spettacolo, ma anche l’agevolazione nella rotazione radiofonica. Tradotto: com’è possibile garantire eguale spazio a ventotto-canzoni-ventotto, senza contare le vituperate otto nuove proposte?
A livello di show Fazio è stato chiaro: lo spettacolo sarà lungo. Amen. Sull’eventuale “problema” radiofonico si è preferito bypassare introducendo in fretta e furia, ad esempio, alla scaletta di domani sera: esordio per i primi sette “Big” affiancati da volti noti dello spettacolo e dello sport che avranno l’arduo compito, se abbiamo capito bene, di decretare con quale delle due canzoni proposte l’artista in gara si identificherà fino alla finale di sabato.
E qui si spazia da Marco Alemanno, compagno di Lucio Dalla, per Mengoni ad Ilaria D’Amico per Gualazzi, dalla tennista Flavia Pennetta per la coppia Molinari-Cincotti a Vincenzo Montella per la conterranea Maria Nazionale, fino al pallanuotista Stefano Tempesti per Chiara e, udite udite, alle onnipresenti Cristina e Benedetta Parodi per i Marta sui Tubi. Suggestivo, quantomeno. Come suggestivo è sembrato, a onor del vero, il paragone del direttore di Raiuno Giancarlo Leone: Maurizio Crozza, super ospite di domani, come Benigni (che non ci sarà), Celentano e Fiorello. Bene.
E Sanremo, inteso come area geografica, ma anche come cassa di risonanza popolare, come sta reagendo al “day before”? Sanremo attende il suo destino in un grigiore che non gli è proprio: scampata la neve, pioggia a catinelle e un’atmosfera festivaliera a singhiozzi. Sembra di vivere la stessa situazione, la stessa aria che da oggi si respira e si respirerà per giorni interi nelle stanze vaticane. Ed è tutto dire.
Occorre, insomma, una repentina inversione di tendenza: perché ok l’austerity (la dirigenza Rai ha garantito un risparmio del 10% rispetto agli ultimi anni), ok Al Bano, Toto Cutugno e i Ricchi e Poveri (detentori del nuovo record del riciclo, dal Capodanno della D’Urso alla Riviera in due mesi e mezzo), ma Sanremo è e resta sempre Sanremo.
E la gente ne ha bisogno, dannatamente bisogno, soprattutto in un momento storico come questo che prevede, ad oggi, Premier e Pontefice entrambi “in scadenza”. Non tornerà mai più, per questo il Festival ha il “dovere” di fare il suo “dovere”. E, come dice Fazio, “Divertitevi, se potete”.



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