I Modà presentano a Sanremo 2013 le due canzoni “Se si potesse non morire” e “Come l’acqua dentro il mare”. Esprimo una chiara preferenza per il testo della prima canzone, forse condizionato dal fatto che sarà la colonna sonora del tanto atteso film di aprile, tratto dal romanzo di Alessandro D’Avenia Bianca come il latte, rossa come il sangue, che ormai tutti conoscono e in tanti hanno letto, soprattutto tra i giovani. Già nel titolo c’è il leit motiv del testo, quel desiderio di eternità che è proprio del cuore dell’uomo, testimonianza del bisogno d’amore che è più urgente della fame. Siamo tutti nati per amare, tutto nel nostro cuore ci dice questo, anche quando tutto all’esterno congiura a tacerlo. Ma siamo nati anche per la bellezza e se solo l’uomo usasse di più gli occhi per guardare, allora si aprirebbe una finestra su un mondo mai visto. Ci ricordiamo la canzone “Meraviglioso” di Modugno (1968)? Una serie di “se” e di congiuntivi caratterizza il testo: “se si potesse mantenere più promesse”, “se si potesse anche volare”, “se si potesse regalare anche un po’ di fede a chi non crede più nel bene”. Queste subordinate condizionali non sono degli adynata (cioè ipotesi irrealizzabili), ma auspici di compimento del desiderio umano. Quanto è importante sostenere la speranza di chi non spera più! Come scrisse Gabriel Marcel:“Ama davvero chi ti dice tu non morirai”. In questi versi ne abbiamo l’eco:”Se potessi camminare verso il cielo ad occhi chiusi/ Consapevole che non si smette mai di respirare,/ Cambierebbero le cose”. Se fossimo coscienti dell’eterno come cambierebbero le cose! L’uomo ricerca la certezza nella vita per poter camminare in un deserto come quello di oggi dove le certezze sono annichilite nelle nebbie del dubbio e del relativismo culturale. “Se si potesse, nascere ogni mese/ Per risentire la dolcezza di un padre e di una madre”, allora continueremmo a sentirci figli, abbracciati da un padre misericordioso. Bisogna ritornare come bambini per guardare il mondo con gli occhi stupiti di chi coglie la vita come dono. In attesa di ascoltare la musica esprimo, di primo acchito, senz’altro un giudizio lusinghiero per contenuti così belli e non certo melensi. Le stelle continuano ad esserci anche quando fuori c’è il temporale. Tutto può ripartire da lì, dalle stelle, dal desiderio dell’uomo del Cielo.



Il secondo testo dei Modà “Come l’acqua dentro il mare” è una sorta di ninna nanna, a detta dell’autore Francesco Silvestre, scritta per la figlia Gioia. Un padre vuole presentare la vita alla figlia e per far questo è “meglio cominciare da quello che […] viene più semplice”, “quei prati verdi sopra i quali camminare/ […] correre o fermarti”, i “frutti” da cogliere o da “lasciare maturare”. L’auspicio è che la figlia continui a conservare il sogno (“vietato abbandonare il sogno di volare”) e l’urgenza dell’amore (“ma per quello c’è bisogno dell’amore”), accantonando la paura (“non temere di sbagliare”), certa di un destino buono (“alla fine vince il bene”). Il testo non auspica un becero carpe diem quando afferma di “far tesoro di ogni […] respiro”, ma auspica la difesa “della bellezza del perdono”, della letizia di un sorriso, della grandezza del donare (“ricordati che è sempre meglio donare”). L’amore “non può finire/ come l’acqua dentro il mare”, perché è eterno. Non si può smettere di sognare, “perché i sogni sono le ali per volare”. Nessuno può permettersi di spezzarci le ali. Ecco allora l’insegnamento che il padre affida già ora alla figlia:”Accetta le sconfitte, l’invidia e l’impotenza/ Di chi osserva e perde il tempo a giudicare/ E abbi sempre la coscienza, la pazienza, la prudenza/ E ricordati che è sempre meglio dare,/ Ma non dimenticare, anche se l’ho già detto/ Se avrai un dubbio, che tra il bene e il male/ Vince sempre il bene/ Te lo posso giurare”.

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