Sanremo 2013, le opinioni dopo la prima serata – Un Sanremo faziano questo, che non smentisce le aspettative. Fabio Fazio ha la solita aria di sempre, quell’atteggiamento calmo, rilassato, pure troppo vien da dire. Insomma un po’ di emozione sul quel palco ci vuole, un po’ di inciampo, di voce tremante. Lui niente, imperturbabile dietro il suo sorrisino sicuro, niente sudore. 



Luciana Littizzetto invece sembra cucita addosso al Festival. Perfetta per quel palco, ironica ma nazional popolare, quello ci aspettavamo da lei e quello ha fatto, ha fatto la Littizzetto e a momenti sembrava quasi che la colonna portante fosse lei e Fazio le facesse da spalla. Dunque fuori dalle scatole le inutili vallette, finalmente una che prende la situazione in mano e 



Sa domare quel palco. Bella la scenografia, anche se un po’ tetra, come a rispecchiare questi tempi di crisi e poteri vacanti.  Io sono una nostalgica e in realtà quei trionfi di fiori un po’ li rimpiango, quel pensare che in fondo andrà tutto bene. E invece anche in questo Sanremo è faziano, rigoroso e va braccetto con i tempi che corrono. 

Il meccanismo delle due canzoni è una genialata in parte. Si sa che mai come per Sanremo vige la regola della metabolizzazione e con questo contorto meccanismo certo non si  dà la possibilità di digerire perfettamente tutte queste canzoni in gara. E’ logico che le canzoni scelte sono dunque quasi sempre quelle che arrivano diritte in pancia, con un ottimo giro melodico che ti si incastra nelle orecchie. 



Ma torniamo allo spettacolo. 

Crozza un disastro. Solo uno in tutti questi anni di Sanremo è riuscito a salire sul palco dell’Ariston parlando di politica e facendo ridere senza polemiche: Roberto Benigni e si sa che Benigni per gli Italiani è inarrivabile. Ecco, allora io non capisco come gli altri si ostinino a riprovarci, pur sapendo a prescindere che falliranno. Quando vai su un palco come quello dell’Ariston, sei tu che devi adattarti al luogo e non viceversa. Da Crozza mi aspettavo di più, mi aspettavo meglio, mi aspettavo qualcosa di diverso e non la solita solfa che posso vedermi anche a Ballarò, insomma il Festival si meritava qualcosa di più. 

Toto Cutugno invece sa cosa fa, forse perché sul quel palco ci è salito tante e tante volte, conosce meglio i meccanismi di spettacoli come questo. E lui non ha deluso, ha portato “l’esagerazione”, quello di cui oggi hanno bisogno gli italiani e oltretutto è riuscito a rimodernizzare nel testo una delle più belle canzoni nazional popolari che siano mai state cantate a Sanremo.

Non è andato fuori delle righe anche l’intervento dei fidanzati gay, fatto con delicatezza, senza prepotenza, senza urlare e forse qualcuno  penserà.

Ma passiamo alle canzoni. Questo di sicuro non è il Festival delle canzonette. Questo di sicuro non è il Festival delle improvvisazioni. Questo di sicuro non è un Festival di basso livello. 

Tante le belle canzoni, bravi gli interpreti, poche stonature come invece purtroppo in altre edizioni si sono sentite. Performance sobrie, eleganti, eppure d’impatto. Che sia la volta che davvero a Sanremo si rimettono al centro le canzoni? Logicamente Sanremo è sempre Sanremo, per cui appena finita l’esibizione di Maria Nazionale, l’Ariston è scoppiato in un boato, perché tutto ciò che è radici al Festival funziona a prescindere. Per cui alla fine niente di nuovo nelle reazioni: Chiara si dà come favorita e non a caso, visto le sue doti indubbie di interprete e forse con lei finisce finalmente l’era delle urlatrici. Silvestri ha fatto Silvestri, i Marta Sui Tubi hanno fatto gli outsider (e bravi che ci vuole coraggio.  Molti loro colleghi che li hanno preceduti, pur avendo la stessa vocazione, si sono lasciati andare alle lusinghe del palco importante e si sono snaturati), Mangoni rimane a metà, gli vogliono appioppare i classiconi ma lui potrebbe fare pazzie.

Nel complesso un Festival di alto livello che dà spunti su cui pensare.

(Barbara Dardanelli)