Sanremo 63 prende il via con un omaggio a Giuseppe Verdi per il bicentenario della nascita e, dopo la parentesi di cultura popolare “alta”, arriva la principessa Littizzetto con tanto di cocchio trainato da cavalli veri che, come dice a Fabio Fazio la Luciana nazionale, “hanno fatto tanta cacca”… E così tutto torna al contemporaneo popolare. Molto bella e contemporanea la scenografia firmata per la prima volta da una donna, Francesca Montinaro, con tecnologia che richiama molto gli strumenti digitali come i tablet. Niente fiori e il nero domina. Polemiche annunciate e puntualmente avvenute, forse, oltre il previsto. Crozza lo aveva detto, “parlerò di politica, di che altro?”, e lo ha fatto irrompendo sul palcoscenico dell’Ariston con il suo irresistibile Berlusconi e parte della platea la contestazione tanto da costringere Fazio a una mediazione. Dopo il ritorno alla calma (tesa) fino a quando i fendenti della sua tagliente satira non si abbatte sui vari Bersani, Ingroia che, dice Crozza, “propone un ossimoro: come può una rivoluzione essere civile?” e ancora “l’Italia è ingovernabile del 1861”. Crozza come al solito grande, ma niente di nuovo. La sua personale galleria di personaggi politici l’abbiamo già vista: Sanremo meritava una novità.
Una nota a parte per Luciana Littizzetto: se non ci fosse stata lei sul palcoscenico, diciamolo, sarebbe stata una noia mortale. E sembra del tutto evidente che i momenti di collegamento tra le varie proposte musicali erano cucite su di lei e contavano su di lei.
A Fabio Fazio, invece, va il merito di aver creato, senza troppa enfasi, la possibilità di trasmettere un messaggio importante quello sull’essere “un italiano vero” con l’immarcescibile Toto Cotugno premiato dal calciatore Ogbonna figlio di immigrati. Sempre a Fazio riconoscere il coraggio di svecchiare, e non di poco, il Festival. Il segno dei tempi, che cambiano?
Baffetti malandrini e stilosissimo completo all blue, al vincitore incontrastato della terza edizione di X Factor il compito non facile di aprire la gara. Il suo primo brano, di cui è anche autore, è nella sua linea melodica ben eseguito, come sempre intonatissimo, ma niente di nuovo. La sua esibizione continua con il pezzo firmato da Gianna Nannini e Pacifico: atmosfera rock ma il tutto sembra andare aventi con il freno a mano. Lo aspettiamo alla replica se ci arriva. Il “Re Matto” del pop italiano ci può dare di più.
In gran forma, con qualche etto in meno, Gualazzi, con la straordinaria tromba di Fabrizio Bosso, irrompe con il suo trascinante swing e storie di ordinaria quotidianità sentimentale con un tocco di surreale. Poi cambio di atmosfera e si va in blue: accenti appassionati e la storia di un amore sfortunato che si può credere di salvare: “SAI (ci basta un sogno) Il brano migliore dei due.
Doppiato nel lingua italiana dei segni per i sordi, torna la scuola romana il suo impegno politico-sociale con un accenno al folk d’annata in una garbatissima, godibile e piena di senso “A bocca chiusa”. E il Silvestri scanzonato e ironico diverte ne “Il bisogno di te”. Sempre molto belli i testi.
La maggiore personalità e originalità nel vestito e nelle scarpe della Molinari. Ma perché questa cantante che vuole fare il jazz si ostina a voler calcare le tavole dell’Ariston? Cincotti, cantautore-pianista nato a New York, è stato definito dal New York Times “uno dei più promettenti cantanti-pianisti della nuova generazione”: la prossima volta capiremo il perché. Lo swing de “La felicità” diverte.
I Marta Sui Tubi nascono come duo, con Giovanni Gulino e Carmelo Pipitone. Originari di Marsala, ma ora con base a Milano. Primo album, “Muscoli e Dei”, a fine 2003. Tutta la stampa specializzata lo accoglie come un capolavoro. Raggiunge la band stesso periodo Ivan Paolini, batteria, e poi Pischedda e Boschi. Stralunati e irriverenti, stanno collezionando successi su successi e dati dei tour esaurite, possono sbancare, dopo Sanremo, con “Dispari” costruito molto bene, con un interessantissimo impasto di sonorità e arrangiamento efficace.
E ci voleva un tuffo nella tradizione nazional-partenopea! Anche se in “Quando non parlo” c’è molto del fado portoghese. Una splendida voce quella di Maria Nazionale che è capace di coniugare la tradizione della musica popolare con accenti più contemporanei. Ma il genere deve piacere. Ma queste donne da chi si fanno vestire?
Con quell’aria un po’ così, per nulla cambiata (a parte il vestito) rispetto a come l’abbiamo conosciuta a X Factor, Chiara, emozionata, guadagna la ribalta sanremese e dopo un avvio un filo incerto e sottotono, rispetto ai suoi standard, decolla e la voce si apre e l’interpretazione si fa intensa nella bella “Esperienza dell’amore” di Federico Zampaglione dei Tiromancino. Con la ritrovata sicurezza Chiara, con il suo canto preciso e l’intonazione perfetta, si abbandona al ritmo tangato de “Il futuro che sarà” che si deve a un’altra raffinata firma del panorama musicale contemporaneo italiano, Francesco Bianconi dei Baustelle.