La quarta serata è dedicata alla storia del Festival di Sanremo. Sanremo Story è un omaggio alle sue canzoni e Lucianina, per dirla alla Fazio, indossa i vestiti di alcune Signore della canzone italiana prima fra tutte Nilla Pizzi: la mise di “Papaveri e papere”, un bel longuette color avorio con ricami in oro, vintage doc anni ’50.
Nella storia del Festival, 24 anni fa, anche la disastrosa performance dei “figli di” ovvero Rosita Celentano, Gianmarco Tognazzi, Paola Dominguin e Danny Quin presentatori assai improbabili, per il Festival dell’89, che collezionano un numero impressionante di papere e strafalcioni. Con sana autoironia degli interessati e anche degli autori del Festival di Fazio (giustamente, non si deve celebrare solo il ben fatto) si ricorda, con rinnovato caos, l’assurdo di allora.
Il Festival rende omaggio a Mike Bongiorno, per undici volte conduttore a Sanremo, e in diretta tv s’inaugura la statua (realizzata dalla Fonderia artistica Perincioli di Quarona) a lui dedicata che risiederà in quel di Sanremo.
E’ quindi la volta del Pippo nazionale: Baudo, per la prima volta con i capelli non tinti e qualche chilo in più, guadagna il palcoscenico dell’Ariston. Il “Railander”, come lo definisce la Littizzetto, fa il suo amarcord tra aneddoti e ricordi. Paragonando le personalità dei due conduttori in scena, Baudo e Fazio, la Littizzetto chiude così: “Se Pippo fosse una albero sarebbe una sequoia. Fabio invece un castagno: bravo è bravo, ma rompe i maroni”. A Pippo il premio Città di Sanremo e il siparietto si chiude.
E arriva il funambolico Stefano Bollani che delizia e strabilia con il suo pianoforte.
Gran finale di serata con Caetano Emanuel Viana Teles Veloso, semplicemente Caetano Veloso che ha finalmente accettato l’invito del Festival di Sanremo. Uno dei più importanti e grandi cantautori della scena musicale internazionale. Settantun’anni, una cinquantina di album pubblicati dal 1967 in poi, da pochi giorni è arrivato nei negozi la sua ultimissima fatica discografica, “Abracaco”. Erano anni, almeno sette, che la macchina festivaliera tentava di accaparrarsi la sua presenza all’Ariston senza mai riuscirci. Da solo, accompagnandosi con la sua chitarra regala, alcuni brani tratti proprio da Abracaco”, che significa “abbraccio” ed è quello che l’artista auspica come rinnovata forma di saluto fra i popoli. “Ci si abbraccia sempre di meno – ha detto in un’intervista – e invece il contatto, lo stringersi l’un l’altro può diventare la più bella forma di comunicazione fra le genti”. Non manca di omaggiare il Festival Veloso attraverso una delle memorabili canzoni di Domenico Modugno, “Piove”, in versione delicatissima. E ancora “Come prima”, portata al Festival da Modugno e Tony Dallara, che ha cantato accompagnato dal piano solo di Bollani. Un incanto.
Nel corso della serata è entrata in scena la Giuria di qualità: Nicola Piovani, compositore e premio Oscar per la colonna sonora de “La vita è bella”, Eleonora Abbagnato (etoile della danza internazionale), Stefano Bartezzaghi (enigmista, ludolinguista e scrittore), Cecilia Chailly (musicista) Serena Dandini (conduttrice autrice televisiva, donna di spettacolo a tutto tondo nonché più di recente anche scrittrice), Claudio Coccoruto (Dj e produttore discografico), Rita Marcotulli (pianista jazz di fama internazionale), Paolo Giordano (scrittore), Nicoletta Mantovani Pavarotti (vedova di Luciano Pavarotti, produttrice e manager e già direttore artistico del Pavarotti&Friends) e Neri Marcorè che sostituisce Carlo Verdone bloccato da un asceso dentario.
La Giuria di qualità mette a posto un po’ i conti rendendo giustizia a Il Cile che conquista il premio per il miglior testo.
Malika Ayane: “Cosa hai messo nel caffè – VOTO 7 Siamo nel 1969, e Riccardo Del Turco, in coppia con lo stralunato Antoine, si affaccia alla ribalta sanremese con questa canzone orecchiabile e spigliata, per i tempi. I due riescono ad arrivare nella finale piazzandosi, però, ultimi. La Ayane ne dà una versione più morbida giocando sul tema della seduzione contenuto nella canzone. In total black, gran bel vestito, gioca con i ballerini che la affiancano e si lancia in qualche insicuro passo di danza.
Daniele Silvestri: “Piazza grande” – VOTO 5 Omaggio a Lucio Dalla, che abbiamo visto l’ultima volta proprio a Sanremo, pochi giorni dopo la fine del Festival è morto. Dalla la presenta per la prima volta al Sanremo nel ’72 e doveva essere cantata, in primo tempo, da Gianni Morandi. La piazza in questione, contrariamente a quanto si possa pensare, non è la Piazza Maggiore di Bologna ma piazza Cavour, come ha rivelato lo stesso Dalla in un’intervista. Una curiosità: il testo è stato scelto, con altri del Cardarelli, Saba e Penna, come traccia per l’esame di maturità del 2001 con il titolo:”La piazza: luogo dell’incontro della memoria”. Non è canzone per Silvestri.
Annalisa Scarrone: “Per Elisa” con EMMA MARRONE -VOTO 8 Annalisa ed Emma, Le rivali dell’edizione numero 11 di Amici, duettano insieme per la prima volta sul palco per Sanremo Story 2013, proponendo la cover della celebre Per Elisa con la quale Alice (’81) si aggiudicò la trentunesima edizione del Festival. Autori del pezzo nientemeno che Franco Battiato e Giusto Pio i testi, della stessa Alice in antitesi con l’omonimo componimento beethoveniano. Emma mangia Annalisa e le due vanno a tutta voce (che più non si può) come nella tradizione di Amici. Ma brave.
Marta sui Tubi: “Nessuno” con ANTONELLA RUGGIERO – VOTO 10 Siamo a Sanremo nel 1959 Wilma De Angelis e Betty Curtis, due grandi voci, intonano la canzone scritta da Antonietta De Simone, Edilio Capotosti e Vittorio Mascheroni La canzone giunse all’ottavo posto nella classifica finale. Il pezzo viene successivamente inciso anche da Mina, all’epoca 19enne, praticamente ancora sconosciuta e che anche grazie a questa interpretazione conquista il successo. Bellissima rivisitazione, splendido arrangiamento che coglie tutte le potenzialità di questa canzone ancora godibile.Trascinante e, come sempre, raffinata e bravissima la Ruggiero.
Raphael Gualazzi: “Luce (tramonti a nord est)“-VOTO 7 Elisa vince la kermesse nel 2001. A condurre c’è Raffaella Carrà. Il brano, scritto da Elisa insieme a Zucchero, è il quarto e ultimo singolo estratto dall’album Asile’s World. Il testo della canzone era stato scritto nel 2000 da Elisa in inglese con titolo Come Speak to Me. Veramente bella la versione di Raphael Gualazzi che la rende assolutamente jazz.
Modà: “Io che non vivo”- VOTO 6 Successo di Pino Donaggio in gara nel 1965. Scritto da Pallavicini e Donaggio si è classifica al settimo posto al Festival. La canzone diventa famosa in tutto il mondo vendendo qualcosa come 60 milioni di copie. Esiste anche una versione in lingua inglese dal titolo You Don’t Have to Say You Love Me e realizzata da, tra gli altri, Dusty Springfield ed Elvis Presley. La band, accompagnata dal Maestro Adriano Pennino al pianoforte, ne propone una versione classica ma non all’altezza. 
Simone Cristicchi: “Canzone per te”- VOTO 6 In gara nel 1968, regala l’unica vittoria sanremese al grande Sergio Endrigo a Sanremo. Abbinata all’interpretazione del brasiliano Roberto Carlos, è una delle più belle canzoni della musica italiana in cui si racconta, con una melodia che va dal quasi parlato al melodico, un addio descritto con qualche metafora. Anche qui ne viene data da Cristicchi una versione ortodossa. 
Simona Molinari con Peter Cincotti: “Tua”   con  FRANCO CERRI – VOTO 7 Nel 1959 da Jula De Palma e Tonina Torrielli cantano questa canzone scritta da Bruno Pallesi e Walter Malgoni. L’interpretazione di Jula De Palma fa scandalo per la gestualità, sensuale, ritenuta troppo esplicita: polemiche a non finire. Roba da educande, oggi. Si piazza al  quarto posto nella classifica finale. Successivamente viene cantata anche da Mina. Franco Cerri, 87 anni, forse il più importante chitarrista jazz italiano, dà un tocco di classe in più all’interpretazione della Molinari. 
Maria Nazionale: “Perdere l’amore” – VOTO 6 E’ Massimo Ranieri a vincere il Festival, nel’88, con questa appassionata canzone che segna anche il rilancio della carriera strettamente musicale del cantante, anzi, “cantattore” napoletano.Una curiosità: l’arrangiatore per la versione di Ranieri è Sergio Conforti in arte Rocco Tanica, proprio il tastierista di Elio e le Storie Tese. Accompagna, alla chitarra, Maria Nazionale Mauro Di Domenico, storico collaboratore di Ranieri . Inarrivabile Ranieri, e la cantante napoletana sceglie una versione più intimista con la voce che un po’ la tradisce.  



Marco Mengoni: “Ciao amore ciao” – VOTO 8 Bella responsabilità quella di Mengoni che ha scelto  una canzone che riporta a momenti tragici, legata com’è al suicidio del suo autore-interprete: Luigi Tenco. Tenco, in coppia con  Dalida, anche sua  compagna di vita, la presenta nel 1967.  Il brano non arriva in finale. E’ un inno all’amore ma anche un atto di accusa verso una società ingiusta che obbliga  chi vuole un futuro migliore e lasciare affetti e luoghi dell’anima (a 46 anni di stanza il tutto è ancora di attualità stringente). Mengoni riesce a fare sua questa non facile canzone. 
Elio e le storie tese: “Un bacio piccolissimo”  con ROCCO SIFFREDI  – VOTO 7 “Un bacio piccolissimo” viene introdotta da Rocco Siffredi  -un uomo, un Walter, come dice la Littizzetto- e poi è tutto un doppio senso per la canzone che approda come al Festival del ’64 con Roberto Loreti, in arte Robertino. Il re del porno, che già qualche anno fa aveva voluto il gruppo di Elio al suo fianco in un suo film, oggi contraccambia il favore. Divertentissima reinterpretazione in perfetto Elio’s style.
Max Gazzè: “Ma che freddo fa” – VOTO 6 E’ canzone del debutto, a soli quindici anni, di Nada al Festival, nel 1969 (con i Rokes).  Il pulcino di Gabbro scala le  hit-parade e conquista un’enorme popolarità. Un successo senza tempo. E’ stato inserito nella colonna sonora del film che rappresenta l’Italia a Cannes, Mio fratello è figlio unico, nella versione interamente acustica dall’album “Nada trio” del ‘98. Un pezzo femminile, dunque,  per il suo  omaggio alla storia del Festival ma, nonostante l’originale frac con tanto di piume, Gazzè non riesce a convincere pienamente.
Chiara Galiazzo: “Almeno tu nell’universo” – VOTO 9 Canzone di straordinaria bellezza, che si deve al genio di Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio,  resa indimenticabile da Mia Martini che ebbe, nell’89 a Sanremo il premio della critica. Il brano, in realtà, era stato scritto nel 1972, ma i tempi non erano maturi per le delicate tematiche toccate e gli autori decisero di  non pubblicarla. La cantante veneta non delude: senza strafare (ed era facile cadere nella trappola) interpreta alla perfezione.
Almamegretta : “Il ragazzo della via Gluck” con CLEMENTINO – VOTO 6 – Notiziona: il frontman degli Almamegretta per rispettare lo shabbat (si è convertito all’ebraismo) non canta. Un bel segno dei tempi che mutano: il rispetto da parte del Festival delle religioni, tutte. Prendono il suo posto il rapper napoletano Clementino, il sassofonista James Senese e Marcello Coleman. Il Ragazzo della via Gluck, una delle canzoni più celebri di Adriano Celentano. Con questo brano Il Molleggiato partecipa al Festival nel 1966 ma viene eliminato subito. l’insuccesso sanremese viene controbilanciato dall’enorme successo discografico che sul mercato discografico nazionale e internazionale. E’ un affresco autobiografico, i luoghi cari della sua prima gioventù, la via Gluck di Milano, entrato nel repertorio di tantissimi artisti tra i quali Giorgio Gaber (forse la cover più bella). La versione reggae degli Almamegretta non coinvolge più di tanto.

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