Il dato di partenza sono le 140mila tonnellate stimate di oro che sono presenti attualmente sull’intero pianeta, nelle modalità più disparate: lingotti presso le riserve delle Banche centrali, oggetti preziosi, gioielli, oro zecchino (non conteggiabile direttamente, ma frutto di valutazioni), presenza negli utilizzi di apparecchi e protesi dentarie, uso nei micro-chip, nell’industria aerospaziale, nelle nuove tecnologie di catalizzazione, di leghe super dure (oro-osmio-vanadio), nei circuiti conduttori, addirittura nell’industria alimentare, negli utilizzi e nei paramenti religiosi.
In poche parole, un utilizzo dell’oro sterminato e senza confini certi di applicazioni e valorizzazioni. Addirittura nel mondo finanziario è di fatto utilizzato nei mercati borsistici come una sorta di base monetaria che funge da nucleo per la moltiplicazione in moneta: ad oggi un chilogrammo d’oro serve all’incirca per garantire moneta in sequenza pari al valore di 15 kg di oro. Il meccanismo è sostanzialmente il seguente: chi riceve in prestito, ad esempio per un anno, un chilogrammo di oro fisico, a sua volta per ottenere moneta lo presta e così in sequenza, giocando per i relativi guadagni e perdite sulle oscillazioni continue del metallo. L’unica nota veramente stonata e non regolata, ma voluta, a livello mondiale è che si permettono operazioni speculative: per esempio, si dà in prestito un chilogrammo di oro per un anno e i soldi ricevuti li si possono restituire magari in 2 anni.
Si comprende come, legata all’oro, ci sia una sterminata e pericolosa, nonché pericolante, massa di liquidità finanziarizzata, la quale a sua volta regge derivati ancora più tossici; in più, detto a chiare lettere, questo è un altro modo di vedere a cosa servano anche le politiche di Qe della Bce e le easyng policy money della Fed da 120 miliardi di dollari mensili (per la Fed, a partire da marzo 2020 come ultimo movimento a breve, ma risalenti nel tempo ormai alla crisi del 2007-2008).
Senza interventi monetari non convenzionali, diretti e massici, delle maggiori banche centrali, l’intero sistema finanziario mondiale è a rischio tracollo. Una crisi in stile 1929.
Si cerca e si sostengono le più azzardate e gigantesche manovre speculative in attesa di un poderoso vento di ripresa che tolga le castagne del fuoco agli Stati. L’immagine immediata e spiazzante di tutto questo è la dimensione enorme della somma di tutti i debiti pubblici del pianeta, pari a circa 70mila miliardi di dollari netti (puliti cioè da effetti di sovrapposizione reciproca). Restano poi nell’ombra i disavanzi commerciali annui (questi ultimi, però, passato l’anno di riferimento si scaricano comunque sui debiti pubblici) e restano davvero nell’ombra le dimensioni gigantesche dei debiti pensionistici (le pensioni per chi le fruisce sono solo trasferimenti di soldi pubblici che lo Stato deve trovare da qualche altra parte, e ultimamente nelle economie occidentali i contributi previdenziali dei lavoratori attivi non bastano più a pareggiare i conti).
Siccome massa monetaria e velocità di circolazione della moneta determinano e quantificano l’inflazione in modo diretto e preciso, questo è un altro modo di osservare il legame stretto tra inflazione e oro; solamente che, come già riportato in interventi precedenti, prevedere e stimare in maniera puntuale ed esatta tale relazione è di fatto impossibile: troppi fattori e troppo diversi tra di loro per permettere un controllo attivo, superato il brevissimo periodo.
Da tutto ciò si ricava, dunque, lo scenario complessivo per cercare di abbozzare un’immagine di come e perché l’oro è distribuito attualmente nel mondo. E’ ovvio che giocano fattori storici, politici, antropologici, economici e che pertanto dai dati numerici di partenza tutte le successive conclusioni incorporano fortissimi giudizi di valore personali e relativi alla sensibilità propria. Non c’è, insomma, una tabella di fattori causativi e conclamati nelle loro interdipendenze a darci un “cruscotto di controllo attivo” (attuale nomea del controllo di budget pubblico e privato). Quando si tratta di oro e del legame con l’inflazione, la dimensione leggendaria resta sempre sovrana.
Sicuramente, però, molti saranno spiazzati nell’apprendere che i due popoli dell’oro (se è passabile questa espressione) siamo noi italiani e l’India, con circa 50mila tonnellate di metallo giallo presenti entro i confini di questi due paesi: circa 22mila tonnellate in Italia, circa 28mila tonnellate in India, su un totale mondiale, lo ripeto, di circa 140.000 tonnellate. In Italia, 2.400 tonnellate circa sono nei forzieri della Banca d’Italia, le altre 20mila tonnellate sono presso i privati e la società civile in genere, mentre in India solo 600 tonnellate sono presso la Banca centrale e il resto è diffuso nella società indiana.
A questo punto effettuare un’analisi precisa di questa distribuzione diviene scomodo e forse anche offensivo da parte di tante sensibilità che potrebbero leggere questo intervento: si lascia ai lettori lo sforzo immaginativo di capire dove sia reperibile l’oro in queste due nazioni, una volta che la componente del cittadino privato e della persona singola sia stata conteggiata; insomma, non è impossibile comprendere senza nulla affermare in maniera esplicita dove – solo per riferirsi all’Italia – sono presenti circa 10mila/11mila tonnellate di oro.
Tra le altre cose, proprio iniziando a snocciolare tali dati ci imbattiamo nell’immensità della prospettiva antropologica: comprendere, cioè, come e perché nel corso dei secoli e dei millenni si sia stratificata tale caratteristica di essere “i popoli dell’oro”; usi e credenze quotidiane, poi manifestazioni sociali, dai battesimi, ai matrimoni, ai regali di clan e tutto questo su uno sfondo ben preciso: territori, India e Italia, dove albergano le istituzioni umane più longeve della storia, sia negli spazi fisici e soprattutto in quelli mentali.
L’esposizione di questo intervento è al momento veramente ellittica, proprio per non urtare sensibilità e coscienze, e dare il la a retropensieri scomodi e inopportuni, laddove, giova ricordarlo, questo è uno degli aspetti che maggiormente gli antropologi considerano cogente nel far sì che “l’uomo abbia necessità di possedere oro”.
Poi, un’altra decina di nazioni (le più importanti del mondo) accumulano in totale altre 50mila tonnellate circa tra riserve pubbliche e proprietà private e della società civile, mentre le rimanenti 40mila tonnellate sono distribuite tra tutte le altre 200 nazioni del pianeta e presso alcuni organismi internazionali (per esempio, l’Fmi); siccome tra questa decina di nazioni, sono presenti, com’è del tutto ovvio, gli Stati Uniti, si inizia a comprendere qualcosa in più del legame tra inflazione e valore dell’oro. Detto in modo esplicito, la volontà sotterranea di tutta la società statunitense, pubblici poteri e privati cittadini, è quella di un ritorno del valore dell’oro a circa 20 dollari per oncia, circa 550 dollari al chilogrammo rispetto ai 58.550 dollari attuali (valore al 4 settembre 2021), di modo che gli Stati Uniti possano tornare nuovamente a una convertibilità totale del dollaro con l’oro, e quindi chiudere sul nascere qualsiasi pericolo serio di inflazione, col corollario del dollaro come moderno oro dell’umanità.
Al di là dei desiderata e dei programmi politici più o meno ambiziosi, in maniera più piana l’osservazione dei dati reali del mondo ci dà la possibilità di verificare che tali numeri sono del tutto lontani dalla sicurezza cercata. In effetti, a livello antropologico, gli Stati Uniti sono diventati anche la nazione dove più forte è iniziata a crescere un’avversione verso l’oro e la sua importanza. Ci si ricorda, ad esempio, degli interventi di Warren Buffett, proprietario BoFa, di soli 10 anni fa? Diceva Buffett: “…non capisco a cosa serve scavare con fatica la terra in profondità e recuperare oro per poi rinchiuderlo in miniere nuove costruite dall’uomo, a dirsi i forzieri delle banche centrali; se ci osservassero società aliene, penserebbero che l’umanità è pazza”. Poi Warren Buffet dall’anno scorso ha fatto un’inversione a U sull’argomento (e a essere ironici si potrebbe dire che ciò simboleggia ancora per altri versi la leggenda dell’oro).
Da ultimo, gli Stati Uniti hanno comunque altri campioni nell’avversare l’oro, di cui i più importanti sono Musk e Bezos, nemici per tante cose, ma accomunati da questo aspetto: l’oro è una reliquia di tempi barbari di cui è opportuno, nonché etico, sbarazzarcene. Aspettiamo di vedere quando cambieranno idea anche loro?
Il tutto, comunque, dà l’idea della società statunitense attuale: volere tutto e dirigere tutto il mondo e per tale verso, infastidita dalle gabelle di debiti e vincoli, l’oro è solo un vincolo che intralcia l’azione degli Stati Uniti a livello mondiale.