Le grandi questioni del nostro tempo si manifestano sempre nelle piccole storie di tutti i giorni. I protagonisti di queste storie spesso sono persone comuni, ed è chiaro che in questo caso gli avvenimenti fanno meno rumore, ma in alcuni casi a essere al centro della scena sono figure la cui popolarità – nel bene e nel male – è ormai una cifra indiscutibile della loro stessa identità.
Quando si parla di Elon Musk non possono che venire alla mente sia alcune mosse geniali che hanno innovato il mondo della tecnologia, sia alcune operazioni molto discutibili come quella dell’acquisizione di Twitter, oggi ridenominato X.
Musk ha 11 figli provenienti da diverse unioni. Uno di questi figli è nato nel 2004 e si chiamava Xavier. Il ragazzo nel 2021 ha chiesto, e ottenuto, di poter avviare le procedure mediche per la transizione di genere. Musk ha firmato una serie di documenti per acconsentire a tale intervento terapeutico. Poi, l’anno successivo, Xavier ha chiesto di essere riconosciuta dalle autorità civili come una femmina e di essere chiamata Vivian. In quell’occasione, profittando del cambiamento del nome, ha voluto prendere le distanze dal padre biologico, assumendo solo il cognome della madre, Wilson. Musk ha rievocato questo travagliato quinquennio in un’intervista durante la quale ha affermato di essere stato ingannato nella firma delle autorizzazioni ai protocolli sanitari. Ma è andato oltre: l’uomo di Tesla ha stabilito un nesso di causa/effetto tra la transizione di Xavier e la cultura woke, una forma di espressione ideologica della sinistra americana che vede nell’odio verso l’Occidente il motore di fondo per una nuova rivoluzione. Vivian, da parte sua, ha ribattuto con forza al padre, affermando non solo che nessun inganno è stato perpetrato, ma anche che la transizione di genere è per lei un dato che viene della propria infanzia, dato che Musk ha sempre registrato dimostrandosi iroso e stigmatizzante verso tutte le manifestazioni di femminilità che si palesavano nel piccolo Xavier.
È chiaro che un articolo non può pretendere di stabilire chi abbia ragione in una faida che è tutta familiare; tuttavia, ci sono degli elementi nelle riflessioni fatte dai due protagonisti di questa storia che possono essere utili a orientarci in tematiche così complesse e delicate.
L’identità della generazione nata dopo il 2000 si esprime non “per certezza”, ma “per incertezza”. Essi non sanno. Ed è questo non sapere nulla della propria identità, del proprio desiderio, del proprio destino che li contraddistingue. È chiaro che non sapere è una posizione umana vertiginosa perché uno cerca, in tutti i modi, di aggrapparsi a qualcosa: non riesce a non sapere per sempre. Ed è qui che le argomentazioni di Musk hanno un qualche fondamento. Oggi esistono culture che propongono al cuore dell’uomo soluzioni radicali. Queste soluzioni sono così radicali perché promettono che il cambiamento assoluto della persona coincida con la sua felicità. Sei nato uomo? Sarai felice se diventerai donna. Sei religioso? Sarai felice se abbandonerai totalmente ogni forma di religiosità. Sei un ragazzo che lavora? Sarai felice se riuscirai a non praticare più alcuna forma di lavoro. È una radicalità ideologica quella che viene proposta, che offre risposte decisive in cambio di profondi cambiamenti e prese di posizione.
Si potrebbe dire che la cultura woke parte dal presupposto che è il presente la cosa più importante che esista e che tale presente deve essere affermato a discapito di ogni passato, biologico, sociale o culturale che sia. Se questo è vero, e conforta in parte le tesi di Musk, è altrettanto vero che l’incertezza c’è, che il disagio c’è, che il malessere c’è. E questa inquietudine deve interpellare profondamente la comunità degli adulti. Non basta dire che una cosa non si fa, bisogna anche farsi piccoli – farsi servi – per accompagnare il desiderio di chi abbiamo davanti. Vivian non è solo il prodotto di una cultura che promette tutto se uno è pronto a sacrificare tutto di sé, ma è anche un’umanità cui occorre dare ascolto, un’umanità che ha bisogno di adulti che non ricoprano la strada dell’altro con massicce dosi di moralismo. A volte i figli, gli amici, le persone, fanno cose che noi non sappiamo capire. E possiamo anche dire che ciò che è stato fatto non va bene, è un errore, è un peccato. Ma, detto questo, un secondo dopo bisogna amare e imparare a partire da quello che c’è.
Vivian ha le sue ragioni per aver fatto la strada che ha fatto. Non c’è niente di peggio di un padre che, dimentico del suo compito, decida di ignorare o di non appassionarsi alle ragioni del figlio. Sarebbe come un abbandono. Sarebbe soltanto un altro modo di lasciare i nostri figli più soli, per sempre orfani.
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